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FRANCESCO ARTUSATO PROJECT OUR DYING SUN (Sumerian Records) “Cervello in fuga”, così potremmo riassumere la storia di Francesco Artusato, chitarrista italiano ormai saldo negli States che negli anni è riuscito a ritagliarsi un posto di tutto rilievo nel panorama chitarristico mondiale. Una carriera a dir poco bril- lante, che arriva ora alla pubblicazione del secondo album solista. Immaginando un panorama futuristico, a tratti malinconico, a tratti violento, avre- mo una chiara idea di quale sia la proposta musicale. Le prime sei tracce dell'al- bum risultano molto coese e sembrano quasi voler formare una sorta di suite atta a delineare gli orizzonti sopra citati. Può essere fuorviante pensare a un particolare passaggio e non ricordarsi in quale canzone fosse, ma l'intento non sembra quello di far spiccare dei par- ticolari quanto invece quello di disegnare un quadro d'insieme (peraltro ben riuscito). Dalla tranquilla settima traccia Sleepless Night, pur senza slegarsi stilisticamente, il disco pren- de una connotazione più song-oriented, con brani che suonano un po' più indipendenti e auto- nomi, passando dai momenti violenti di Miura agli inserti quasi fusion di Omega. Malgrado l'elevato tasso tecnico, è la resa finale a dominare questo intenso lavoro che farà con- tenti gli amanti delle sonorità più moderne e cupe del prog e in generale chiunque cerchi della musica con un carattere descrittivo e contemplativo. Marco Falanga DEVIL YOU KNOW BEAUTY OF DESTRUCTION (Nuclear Blast) La prima impressione ascoltando questo debutto discografico è quella di un pugno dritto in faccia. Ma non un pugno da comune rissa da bar. No, è un pugno dato da uno che i pugni li sa dare, e anche bene. Complice la voce di Howard Jones, questo lavoro non può non ri- portare alla mente gli anni d'oro del metal-core, vissuti dal britannico vo- calist con i suoi Killswitch Engage in veste di assoluto protagonista. Ma i DYK si spingo- no ben più in là di un semplice revival. Superato il deja-vu iniziale, i nostri si districano tra breakdown, ritornelli catchy, momenti di pura ferocia, andando ad attingere un po' ovunque nel- le sonorità metal, creando una certa varietà nell'ascolto con canzoni sempre ben definite e va- riegate sia nello sviluppo che nel complesso dell'album. Complice una produzione di rilievo, al- cuni momenti in particolare risultano veramente esaltanti sul fronte sonoro, come ad esempio Embracing The Torture e Shut It Down. Ah sì, siamo chitarristi ma, piuttosto che elogiare la tecnica, il gusto, il suono e l'esecuzione messi in gioco, riassumiamo il tutto in un solo nome: Francesco Artusato, sempre una garan- zia di alta qualità. Chiariamo le cose: non siamo di fronte a un lavoro profondo o elucubrato. Forse non è musica che “rimarrà”, ma guardiamo a questo disco per quello che è: l'avvento di una nuova macchina trita-ossa! E dobbiamo dire che questa macchina funziona proprio bene. Marco Falanga 53