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Sandro Gibellini non se ne avrà a male se diciamo questo, ma l'impressione che abbiamo avuto di lui è quella di una sorta di Paolo Conte del jazz italiano. Intendiamo con questo che abbiamo sempre visto in lui un musicista dalla profonda cultura musicale, animato da un sentimento lirico molto particolare e personale, che lo distingue dagli altri colleghi. Tra i jazzisti magari un po' più à la page in termini di look e di atteggiamento, Gibellini pare la persona seria di turno, l'uomo posato, attento a ogni nota e al contesto della sua performance. Tra solisti magari più estroversi e dinamici sul palco, Gibellini incarna un'anima nobile di jazzista all'antica, pieno di humour ma dalle buone maniere; un modo di fare discreto e signorile che mi ricorda personalità come quella di Bruno De Filippi. Questa eleganza, discrezione, misura, si ritrova perfettamente nel suo fraseggio e nel suo accompagnamento. Impeccabile e understated, Gibellini, in un panorama chitarristico in cui i vecchi maestri sembrano un po' perdere smalto sotto i colpi dell'evoluzione tecnologica, è forse il nostro Jim Hall. Un solista alla ricerca delle note “giuste”, calibrate, appropriate: pensate.