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DI ALESSANDRO BENVENUTI Una chiacchierata con Andy Timmons a proposito dei suoi ultimi progetti. Disponibile come sempre, Andy non si è tirato in dietro, regalandoci spunti interessanti. Puoi parlarci della tua ultima collaborazione con Simon Phillips? Tutto è iniziato un anno fa, subito dopo il NAMM 2013. Già nel 2012 Simon [Phillips, batterista] mi aveva contattato per alcuni show che avrebbe voluto fare per festeggiare l’anniversario di Protocol [Food For Thought, 1988], uno dei suoi dischi storici. Mi propose di fare anche un nuovo CD, il seguito di Protocol, e io, che in quel periodo stavo giusto approfondendo il mio fraseggio fusion, ne sono stato entusiasta. Aveva parecchi demo: alcuni erano pezzi finiti, altri invece solo idee. Mi ha chiesto di ascoltarli e dirgli quali mi piacevano di più. Ho subito capito che sarebbe servito un grande tastierista come Steve Weingart. Come bassista, Melvin Davis era impegnato e non poteva unirsi a noi, ma ci raccomandò Ernest Tibbs. Ci siamo incontrati direttamente per registrare, e, jammando, abbiamo arrangiato i pezzi e li abbiamo registrati quasi subito. Il primo che abbiamo fatto è stato Moments Of Fortunes. Quindi avete registrato live in studio? Quasi tutto. Un paio di brani non erano finiti e io dovevo tornare in Texas, quindi ho finito di registrarli a casa. Il resto è stato suonato live, con pochi punch-in e correzioni. Il risultato è molto organico. Che differenze ci sono tra il primo Protocol e Protocol II. Protocol è stato principalmente un disco solista di Simon, tutto programmato, composto e suonato da lui. È un genio in questo! L’ultimo CD invece è più incentrato sull’interplay e tutta la band ha contribuito pesantemente all’arrangiamento e alla composizione dei temi. AXE MAGGIO_2014 21