immagine rappresentante un’intervista

GUIDA ALLE MODIFICHE DEGLI AMPLIFICATORI


Tratto da Axe 166, Settembre 2011
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Che buona parte dei chitarristi elettrici sia perennemente alla ricerca di un suono “migliore” è cosa nota. Nota è anche la tendenza nel tempo all'insoddisfazione per la propria strumentazione, che inesorabilmente porta a consultazioni compulsive di cataloghi e siti web di e-commerce, oltre alle tradizionali visite al proprio negozio di fiducia. Tuttavia, capita talvolta che l'insoddisfazione sia solamente parziale, e che quindi si punti a una modifica della propria strumentazione più che alla sostituzione tout court.

Nell'ambito dell'amplificazione, per approfondire il tema abbiamo incontrato tre ottimi tecnici, di grande esperienza nel settore “modifiche e migliorie”. Due di loro, Giuseppe Orlando e Vincenzo Tabacco, sono stati ospiti di Axe in occasione dell’articolo sui guasti più comuni degli amplificatori (v. Axe n. 164, giugno 2011). Il terzo intervistato è una new entry su queste pagine; si tratta di Carlo Sorasio, della torinese Laa-Custom. Con loro abbiamo discusso delle modifiche richieste più comunemente e dell'auspicabilità o meno delle stesse. Non necessariamente, infatti, modifica equivale a miglioria.

I pareri dei tre costruttori e riparatori, raccolti singolarmente, sono stati uniti nella tavola rotonda virtuale che segue.

Genericamente parlando, apportare modifiche a un amplificatore significa di norma migliorarlo o, viceversa, alterare in peggio l'equilibrio del progetto iniziale? Giuseppe Orlando: Bisogna valutare caso per caso. Talvolta le modifiche sono reali migliorie, in altri casi rischiano di corrompere la natura dell'amplificatore senza offrire grandi vantaggi. Alcuni interventi possono essere auspicabili e aumentare stabilità e affidabilità della macchina. Mi riferisco ad esempio alla sostituzione di eventuali trasformatori sottodimensionati, o di un cono economico con uno di qualità. Discorso molto diverso è il tentativo di modificare l'amplificatore per ottenere sonorità ad esso originariamente estranee.
Vincenzo Tabacco: Se si pensa di modificare il proprio amplificatore bisogna innanzitutto rivolgersi a un tecnico veramente competente e discutere con lui quello che si ha in mente. Può darsi che, secondo lui, la modifica proposta non sia una miglioria. Spesso poi, più che di migliorie oggettive, si dovrebbe parlare di variazioni sonore, che possono essere apprezzate più o meno a seconda del gusto personale. Carlo Sorasio: Personalmente sono favorevole alle modifiche che esaltano le caratteristiche originali dell'amplificatore; spesso, con piccoli ritocchi mirati, si riesce a migliorare notevolmente la base di partenza. Non sono invece propenso alle modifiche estese, mirate all'ottenimento di sonorità non proprie dell'ampli. Alla base di questo tipo di richiesta di norma c'è un errato acquisto.

Passiamo ora a una serie di modifiche diffuse. Partiamo dall'aumento del gain... GO: Non serve a nulla, anzi, può portare molti problemi. Meglio inserire un boost esterno, senza modificare la sezione preamplificatrice. Un buon overdrive, oltrettutto, genera un suono più naturale e dinamico rispetto a quello ottenibile da un pre ultra gain.
VT: Chi chiede di aumentare il gain in genere cerca maggiore sostegno. In realtà non di rado il problema non sta nella quantità di guadagno, ma nella qualità complessiva del trattamento del segnale. Quello che serve davvero è un amplificatore che “respiri” meglio, dotato di maggiore sustain naturale. Esagerando con il gain si affoga il suono. Non dimentichiamo poi che il sostegno sta anche nelle mani del chitarrista...
CS: È una delle modifiche che mi vengono richieste più spesso. In realtà, in quasi la metà dei casi, non è l'aumento del gain che può portare i benefici cercati. Il gain è solo uno degli ingredienti della risposta finale; spesso i risultati migliori si ottengono con l'esatto contrario, ovvero riducendolo, in modo da migliorare la dinamica, o lavorando sulle reti di retro-azione e di filtraggio tra gli stadi per modificare la risposta in frequenza e la pasta della distorsione.

Aggiunta di un loop effetti gallery thumbnail GO: Il loop serve sugli amplificatori che generano la distorsione nella sezione preamplificatrice, gli hi-gain in particolare. Inserendo effetti d'ambiente o di modulazione prima dell'input e utilizzando il canale distorto dell’ampli, il risultato rischia di essere decisamente poco piacevole. Quasi tutti gli amplificatori dotati di canale overdrive e prodotti recentemente sono muniti di mandata effetti. È frequente che questa manchi invece su ampli vintage. La motivazione è semplice: dato che questi amplificatori - penso ai Fender in particolare - avevano dei pre molto “puliti”, gli effetti di cui sopra potevano essere collocati senza problemi al termine della catena dei pedalini, prima di entrare nell’input dell’ampli. Il discorso è diverso già con i vecchi Marshall, caratterizzati da un pre più “tirato”. In questo caso l'aggiunta del loop potrebbe portare dei vantaggi, a patto che sia effettuata a regola d'arte! Quando mi viene proposta questa modifica, valuto il singolo caso, l'amplificatore in questione e le esigenze del musicista; talvolta devo spiegare al cliente che non ne vale la pena. Quando invece si procede all'intervento, consiglio il loop seriale.
VT: Gli amplificatori moderni lo prevedono [quasi, nda] tutti. Se invece si valuta la possibilità di aggiungerlo su ampli d'epoca ci si pensi bene; se non è realizzato secondo criteri altamente qualitativi si ammazza il suono dell'ampli. Bisogna anche valutare caso per caso il tipo di amplificatore. Le vecchie [Marshall] Plexi, ad esempio, generano la distorsione al livello del finale; è un elemento che va tenuto in considerazione. Personalmente odio fare nuovi buchi nel telaio, ad ogni modo si può fare.
CS: Un buon loop effetti deve poi essere silenzioso e dotato di un'ottima riserva di headroom, capace di gestire segnali anche molto ampi. Personalmente preferisco i loop valvolari, in grado di “sporcare” - nel senso buono del termine - il segnale, aggiungendo armoniche. Scelgo sempre la versione seriale; in caso si desideri utilizzare il metodo parallelo, meglio farlo con un mixer di linea apposito.

Aggiunta di un master volume gallery thumbnail GO: È presente su quasi tutti gli amplificatori moderni. Su quelli vintage può essere utile se l'obiettivo è abbassare il volume senza rinunciare alla distorsione del preamplificatore. Tecnicamente è un risultato ottenibile seguendo diverse strade. In effetti, un vecchio Marshall senza master volume per avere un livello d'uscita moderato deve essere tenuto a... 1,5! E tutti sappiamo che gli amplificatori a valvole non lavorano al meglio in tale condizione. È una buona modifica.
CS: È fondamentale su alcuni tipi di amplificatori di concezione vintage, uno su tutti il [Marshall] Plexi. Post phase inverter o pre phase inverter? Il primo è più adatto a suoni molto distorti e con poca versatilità; il secondo - che preferisco - mantiene l'equilibrio dinamico originale dell'amplificatore, rendendo possibile l'interfacciamento con delay, ambienti e modulazioni in un eventuale loop effetti.
VT: Si può anche inserire semplicemente un pedale volume tra send e return del loop [se presente].

Pilotaggio remoto via MIDI gallery thumbnail GO: Lutto è possibile, ma in questo caso si tratta di una modifica piuttosto complessa per il tecnico e quindi costosa per il cliente. Esistono in commercio kit appositi, ma, dal mio punto di vista, se proprio ti serve un amplificatore MIDI tanto vale comprarne uno che preveda fin dall'inizio l'integrazione di un sistema di questo tipo.
CS: Talvolta è utile. Il MIDI è sinonimo di setup complessi, in grado di interfacciare l'amplificatore con multi-effetto e looper per pedali. In realtà però, nella maggioranza dei casi, il setup è molto più semplice e il MIDI un’opzione di scarsa utilità.
VT: Esistono anche dispositivi esterni dedicati, in grado di commutare il canale. Oppure ci sono soluzioni come quella del [multi-effetto] TC Electronic G-Major, in grado di cambiare canale tramite un semplice cavo jack.

Sostituzione delle valvole gallery thumbnail VT: Le valvole sono sicuramente in grado di caratterizzare il suono dell'amplificatore. A parità di tipologia, valvole di diversi costruttori suonano diversamente. Era così in passato e lo è oggi. L'unica è provarne il più possibile, per poi scegliere quelle di proprio gradimento. Sulla questione “valvole d'epoca” bisogna fare alcune osservazioni: erano fatte meglio e avevano un suono migliore, è vero. Tuttavia, anche se mai usate, le valvole possono deteriorarsi nel tempo, ad esempio a causa di infiltrazioni d'aria nel bulbo. Capita anche di trovare valvole vintage a loro tempo scartate perché difettose, microfoniche o rumorose. Se a tutto questo aggiungiamo i costi altissimi delle valvole new old stock [NOS], si capisce come questa sia una strada da valutare molto attentamente. I pezzi di produzione attuale, ad ogni modo, hanno raggiunto livelli qualitativi veramente alti.
CS: Per la mia esperienza le valvole NOS, in alcuni casi, sono davvero superiori in termini di prestazioni e affidabilità. Attenzione a che si tratti realmente di NOS, sul mercato si trova di tutto... Dicevo in alcuni casi perché i migliori risultati con questo tipo di valvole si ottengono su amplificatori semplici, mono-canale o derivati da progetti “vecchi”. Trovo poco efficace, ad esempio, montare valvole NOS su un multi-canale hi-gain. Le differenze sonore tra i diversi produttori sono maggiormente apprezzabili nelle valvole preamplificatrici, dove miscelare tra loro marche diverse può dare risultati veramente interessanti.
GO: Aggiungerei l'importanza di acquistare coppie o quartetti selezionati di valvole finali. Inoltre, per ottenere il meglio dalle finali, sarebbe buona cosa regolare il BIAS subito dopo la sostituzione e di nuovo dopo una cinquantina di ore di esercizio, quando ormai le valvole sono rodate e assestate. In linea di massima meglio spendere di più per valvole di alta qualità, anche in termini di longevità.

Sostituzione di componentistica elettronica, condensatori, resistenze, trasformatori... gallery thumbnail GO: Sono modifiche che spesso vengono richieste per approssimare il più possibile il suono degli amplificatori d'epoca. Se le stesse repliche prodotte ai giorni nostri non possono vantare il calore dei modelli originali è perché la componentistica non è più quella utilizzata un tempo. In questo caso effettuare un upgrade con condensatori, resistenze ed eventualmente trasformatori realizzati su specifiche d'epoca può essere utile. C'è poi la situazione completamente diversa in cui il cliente vuole modificare il suono del proprio amplificatore per meglio adattarlo al proprio gusto personale, senza particolari intenti imitativi o filologici. In questo caso l'unico modo di procedere è con il cliente presente, che ascolta e giudica i risultati sonori di ogni singola sostituzione, decidendo poi se mantenerla o cambiare ulteriormente. È molto difficile descrivere a parole la sensazione sonora data dai diversi tipi di resistenze o condensatori. Per quanto riguarda le prime, va detto che spesso vengono scelte più che altro in base al rumore che generano, i secondi per l'influenza timbrica. I condensatori carta-olio sono trasparenti, brillanti e con bassi molto presenti; danno una sensazione di ariosità. Quelli in poliestere viceversa presentano acuti più scarichi e medi in evidenza. I polipropilene sono una via di mezzo. Quelli ceramici danno acuti che possono diventare addirittura fastidiosi, mentre risultano morbidi e controllati sui silver mica. È una questione di gusti...
VT: Una modifica che faccio spesso è la sostituzione delle resistenze a strato di carbone montate di serie con resistenze anche dello stesso valore, ma a impasto. È un intervento che migliora l'attacco e ingrossa i cantini. Per quanto riguarda i condensatori, ritengo agiscano soprattutto su pienezza sonora e definizione. Il suono dei vecchi Fender stava nelle resistenze a impasto e nei condensatori dell'epoca. Quando questi si rompono e vanno sostituiti, consiglio condensatori carta-olio della Jensen, che si avvicinano agli originali. Se invece i presupposti dell'intervento non sono filologici, ma legati al gusto personale, bisogna semplicemente provarne di tutti tipi fino a trovare quelli di proprio gusto.
CS: Su questo argomento si potrebbero scrivere interi libri! Quando si pensa di sostituire trasformatori, condensatori, potenziometri, ecc., credo ci sia un errore di fondo: si è acquistato l'amplificatore sbagliato! Oltretutto la spesa necessaria per queste sostituzioni non è irrisoria. Diverso è il caso in cui si vogliono effettuare poche sostituzioni mirate, in grado di migliorare il sound complessivo. In particolare i condensatori sono indicati per ottenere miglioramenti timbrici. Molto è legato all'esperienza e al gusto personale del singolo tecnico.

Sostituzione del cono gallery thumbnail CS: È una delle modifiche più sottovalutate. Il cono è forse l'elemento più caratterizzante di tutta la catena del suono; spesso invece ci si concentra di più su pedalini e regolazioni. Spesso cambiare cono equivale a cambiare amplificatore.
GO: Tendenzialmente, se il cono è di pregio, si tende a tenere quello originale, cercando di ripararlo se danneggiato. Quando la sostituzione è necessaria, si cerca di installare un cono dalle caratteristiche sonore il più possibile simili a quelle dell'originale. Poi, come sempre, sta al gusto personale. Il cono ha una responsabilità non secondaria nella definizione del timbro complessivo, quindi nulla di strano se viene sostituito appositamente per le sue caratteristiche, anche se magari sono diverse da quelle del cono originale.
VT: Il cono si sostituisce quando è rotto o quando si vuole provare un suono diverso. Attenzione però nel secondo caso: prima di sei mesi o un anno di utilizzo non è possibile sapere come suona veramente. Necessita di “rodaggio”. Personalmente, quando costruisco una cassa, prima di consegnarla al cliente la lascio in funzione per due giorni di seguito, inviandole un segnale a 20 Hz. Basta già questo per ottenere un certo miglioramento.

Quali altre modifiche vengono richieste con una certa frequenza? GO: L'aggiunta di un secondo controllo di gain sui vecchi Marshall, per ottenere una sorta di secondo canale. L’upgrade dei trasformatori. Infine, una modifica che reputo utile e valida: l'aggiunta della possibilità di regolare il BIAS, dove assente.

Riflessioni conclusive... CS: La massima “minore spesa, maggiore resa” rende bene la mia filosofia relativa alle modifiche sugli amplificatori. Quando c'è da lavorare troppo, trasformare il telaio in una groviera, sostituire molti componenti mi chiedo se ne valga davvero la pena e se il valore dell'amplificatore sia aumentato o diminuito con il mio intervento.
VT: Di modifiche possibili ne esistono tante. Vorrei però dire che il chitarrista dovrebbe imparare a lavorare prima di tutto su di sé, scoprire come sfruttare al massimo la strumentazione in proprio possesso. Credo che più cose si hanno, meno fantasia venga; impariamo a giocare con le nostre carte!

Pierluigi Bontempi

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