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IBANEZ JEM 777 - 1988



Tratto da Axe 127, Dicembre 2007
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Ibanez Jem 777 - 1988

Non si tratta di uno strumento vintage, ma, a oltre 20 anni dall’uscita e vista la portata del suo impatto, è almeno inseribile tra i “classici”.

Nel 1987 Steve Vai ha al suo attivo la militanza nella band di Frank Zappa, l'ottimo primo disco solista Flex-Able (1984), la collaborazione con gli Alcatrazz (in cui ha sostituito Yngwie Malmsteen) e quella con il cantante David Lee Roth, uscito dai Van Halen, per l'LP Eat 'em And Smile (1986). Alle prese con l'incisione di Skyscraper (1988), secondo lavoro di Roth, Steve usa per le demo un prototipo Tom Anderson V.A.I. (Visual Assault Instrument), stratoforme dalla spalla inferiore molto incavata, con pickup DiMarzio colorati, vibrato Floyd Rose montato in uno scavo sul top e un foro a mo' di “maniglia” nella cassa. In passato Steve aveva suonato chitarre Performance Guitars, Jackson e Charvel.

Alla Ibanez USA lavora Rich Lasner, che offre a Vai due prototipi Maxxas - una semiacustica e una solidbody - con due humbucker DiMarzio PAF-Pro, un single coil e maniglia nella cassa. Il chitarrista non sta cercando un endorsement e non apprezza la costruzione semi-hollow, ma si rende disponibile al progetto e propone alla Casa specifiche basate sugli strumenti fino a quel momento usati, inclusi dei prototipi realizzati con il suo tecnico per le chitarre Elwood Francis e Joe Despagni, proprietario della ditta Jem Guitars (già...).

Tre settimane dopo nasce negli stabilimenti giapponesi la Ibanez Jem, i cui primi 10 esemplari sono consegnati a Vai. Steve non dà esplicitamente il suo nome alla chitarra, dichiaratamente per modestia, desidera che essa “parli da sé”. La Jem ha la cassa in tiglio americano, con maniglia (Monkey Grip). Il manico in acero ha tastiera in palissandro a 24 tasti, gli ultimi 4 dei quali scalloped. Vai insiste per l'uso di pickup DiMarzio in luogo degli IBZ/USA. Il ponte tremolo Edge su licenza Floyd Rose è montato in uno scavo sulla cassa (Lion’s Claw). I segnaposizione sono a forma di piramide colorata che progressivamente scompare.

La nuova ascia viene utilizzata per “Skyscraper”, eccetto alcuni estratti dalle demo con la Tom Anderson.

Le prime promozioni appaiono già alla fine dell'87. Il test positivo condotto dall'esperto di registrazione e vintage Andy Brauer sul mensile Guitar Player e il fatto che lo stesso la inserisca, unica chitarra contemporanea, nel suo parco strumenti in noleggio, ne ufficializza il rango.

Le prime settecentosettantasette 777 verdi (Loch Ness Green; gli altri colori sono Shocking Pink e Desert Sun Yellow), autografate singolarmente dal chitarrista, anche con piccoli disegni sparsi, hanno oggi valore collezionistico, ma in genere l'attenzione rivolta dal mercato dell'usato alle vecchie Jem, se in buono stato, non è trascurabile. Seguiranno altre finiture e modelli derivati, 7 corde e applicazioni floreali incluse, ma la nostra vissutissima 777 dell'88 rappresenta perfettamente l'inizio della storia. Oltre agli inevitabili segni del tempo, porta quelli del proprietario: le bobine dei pickup rosa sono state annerite, così come lo scavo del ponte; le manopole gialle e il pomello rosa del selettore sono stati sostituiti con parti nere. Ma timbricamente è l'occasione per saggiare il suono del rock fine anni ‘80, dovuto soprattutto ai DiMarzio, due humbucker in alnico che la Ibanez descrisse come custom wound, con ogni probabilità dei PAF-Pro con minor avvolgimento: difatti al ponte e al manico misuriamo rispettivamente (non è un errore) 7,6 e 8,0 kOhm sull'esemplare in esame; il single coil custom (5,0 kOhm) ha poli staggered. La chitarra pesa poco meno di 3,5 chili ed è molto risonante nonostante la spessa verniciatura. Il suono è potente e vivo quanto dettagliato, ricco di colori Strato e overtones; oltre alle medio-alte, si apprezzano bassi massicci. Il manico scarf-neck con tastiera riportata è veloce e sottile, ma di sezione più tondeggiante rispetto a quello di un'Ibanez RG del tempo.

Bisogna ammettere che Vai diede alla Ibanez le giuste indicazioni per questo modello; difficile dire se il successo sia legato alla fama dell'endorser o al fatto che la Jem rappresentò compiutamente, insieme all'RG, i desideri del popolo rock e shred. Comunque, provandola, si avvertono la qualità e l'innovazione indiscutibili dettate dal bisogno della casa giapponese di imporla sulla scena. E farcela restare.

Fabrizio Dadò

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