Syd Barrett: Chitarra Visionaria

Axe 114

E’ il 1966 e Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason sono alla disperata ricerca di un front man per un gruppo ancora senza nome (loro ne saranno rispettivamente basso, organo e batteria).Waters decide così di far entrare nel complesso un suo coinquilino, anche lui di Cambridge come loro, un certo Roger Barrett che però, ormai da anni, tutti chiamano Syd. Nascono i Pink Floyd. La città è Londra, o meglio, la città è la swinging London di quegli anni e la band, il cui repertorio è curato esclusivamente da Barrett, ne diviene subito la colonna sonora firmando per l’importante etichetta Blackhill di Andrew King e diventando l’attrazione di punta del locale londinese più importnte: l’UFO. Quella generazione figlia dell’ideologia delle “Doors of perception” predicata da Ginsberg, intenta a sperimentare nell’arte e nelle droghe la propria creatività, si innamora subito del songwriting di Barrett, il quale, da parte sua, diventa ben presto schiavo di LSD e droghe lisergiche. Dopo due singoli di successo come Arnold Layne e See Emily Play i Pink Floyd, tra il febbraio ed il luglio del 67, registrano il loro primo album: The Piper At The Gates Of Dawn. Il disco, undici brani composti interamente da Syd Barrett e a cui Wright e Waters hanno dato solo piccoli contributi,  è accolto favorevolmente dalla critica, che capisce subito quanto quello dell’artista sia un universo unico ed irripetibile. In “The Piper” Barrett si occupa di tutto, anche della produzione, mixando i pezzi in modo che i suoni “danzino” da un canale all’altro per ottenere una dinamica costante e degli arrangiamenti, arrangiamenti che si basano su complesse sovraincisioni di chitarre soliste e ritmiche, passando per curatissimi cori presenti in quasi tutte le composizioni o per vere e proprie sovrapposizioni di scansioni ritmiche (ad esempio in The Scarecrow). La chitarra di Barrett è una chitarra visionaria come i suoi testi, le sue partiture sono evocative e sperimentali, nascono da un uso personalissimo ed espressionistico dello slide (i suoi glissati spesso completano le melodie delle strofe come in See Emily Play), dall’asprezza della distorsione e dei patterns dissonanti che, insieme al feedback, all’ eco ed al riverbero fanno, almeno per quel che concerne la fase solistica, da cornice ad ogni intuizione musicale. Ritmicamente, invece, il chitarrista-cantante è solito accompagnare le strofe con riff trainanti (Lucifer Sam),lunghi arpeggi oppure doppiando il cantato con la propria chitarra (Matilda Mother) preferendo, invece, la sei corde acustica quando decide di abbandonare per un attimo la sperimentazione in favore dell’immediatezza più assoluta (The Gnome). A parlarci di questo stile ci sono le sue canzoni, pezzi come i primi due singoli di successo Arnold Layne e See Emly Play oppure la famosa Interstellar Overdrive, brano manifesto di un certo tipo di psicadelia, in cui poche note di chitarra distorta fanno da collante ad una lunghissima improvvisazione dell’organo di Richard Wright (che con le sue melodie orientaleggianti è uno dei marchi di fabbrica di questi primi Pink Floyd). I Pink Floyd riscuotono un successo incredibile, sia di critica che di pubblico ma, proprio in questo periodo, Syd  Barrett cade in una sorta di autismo sempre covato in modo latente e che ora, le droghe, fanno manifestare in tutta la sua crudeltà. Così nel 1968 Barrett, non più in grado di relazionarsi con nessuno, va a vivere a Cambridge lasciando il gruppo (che sfrutterà in futuro altri due suoi brani: il singolo Apples and Oranges e Jugband Blues, presente sul secondo album A Saucerful Of Secrets).Torna sulle scene qualche anno più tardi, nel 70, con due Lp: The Madcap Laughs e Barrett, dischi nei quali figurano come strumentisti anche l’amico d’infanzia David Gilmour (ora suo sostituto nei Floyd) e Roger Waters. I lavori nulla aggiungono a quanto detto dal musicista in The Piper At The Gates Of Dawn e, in bilico tra folk e psicadelia, possono contare ora su ottimi episodi come Octopus, Golden HairLove Song, ora su episodi un po’ più deboli come Rats, Maisie e Wolfpack, tutti frutto di una mente ormai troppo indebolita ed alterata dalla malattia. Dopo il suo secondo album Syd Barrett sparisce definitivamente dalla scena, nessuno sa più nulla di lui, se non che vive nella sua Cambridge isolato dal mondo ed accudito dalla sola madre. Nel 1988 esce Opel, una raccolta di brani che non vennero inclusi nei suoi due lavori da solista mentre, nel 2001, esce Wouldn’t miss me una sorte di “best of” del suo repertorio. Il sette luglio di quest’anno Syd Barrett è morto, aveva sessant’anni (nacque a Cambridge il sei gennaio del’46) ed a portarcelo via è stato un decesso imputato al diabete, molti non parlavano più di lui da tempo, molti invece hanno sempre continuato a ricordarlo ma nessuno, mai, lo descrisse meglio dei “suoi” Pink Floyd nella loro Shine On You Crazy Diamond, poche strofe per delineare i caratteri distintivi di un genio che si spense subito forse perché, per dirla con loro:  “arrivò al segreto troppo presto”.

Matteo Roccia

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna