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Charvel EVH Art Series

Tratto da Axe 108




EVH

Ci troviamo di fronte a uno strumento molto atteso, frutto della collaborazione tra due nomi decisamente importanti e pesanti del panorama chitarristico mondiale: da una parte Eddie Van Halen, sicuramente uno dei chitarristi più influenti degli ultimi 25 anni, che in precedenza ha legato il suo nome a diversi strumenti signature di importanti costruttori (Kramer, MusicMan e, più recentemente, Peavey); dall'altro, Charvel, marchio USA la cui notorietà, nell'ultimo periodo, sembrava in calo, complice anche lo spostamento della produzione in Giappone e in Indonesia durante gli anni '90. Rilevato dalla Fender nel 2003, il marchio Charvel celebra, con questo strumento firmato da un endorser d'eccezione, il ritorno alla produzione esclusivamente negli Stati Uniti, fregiandosi del titolo di "The Original Hot Rodded Guitar", che fa riferimento alla nascita dell'azienda, nel 1977, come produttore e distributore di parti di ricambio. Vediamo come i nomi di Van Halen e Charvel si legarono quasi trent'anni fa... Agli inizi della carriera Eddie Van Halen suona chitarre Gibson: ebbene sì, ES-335, Les Paul Gold Top e Junior. Proprio quest'ultima, di cui ama il suono, gli crea però problemi di tenuta dell'accordatura. Cosa fa allora il buon Eddie, creando una tendenza che farà proseliti negli incipienti anni '80 (ovvero, cambiare chitarra al minimo problema, che poi negli anni '90 diventerà cambiare multieffetto al minimo problema!)? Passa a una Fender Stratocaster. Ma ora non va più bene il suono, troppo fiacco. Con uno storico gesto, Van Halen smonta un pickup dalla sua semiacustica Gibson, scava una buca sulla Strato e ci avvita su quel vecchio PAF. Per "rifinire" il lavoro, bagna di vernice le ruote della sua bicicletta e passa sulla cassa della chitarra; insoddisfatto del risultato, ricorre al nastro isolante. Come spesso accade, i do it yourself insoddisfatti fanno la gioia e gli affari di liutai e negozianti. Ecco quindi che il giovane Eddie passa da Wayne Charvel e compra un manico e un corpo (all'epoca sono venduti con il marchio Boogie: si narra di 130 dollari in tutto), ci monta un altro humbucker Gibson riavvolto e il ponte stile vintage della Fender: così armato, con la famosa Frankenstein, farà i primi quattro storici dischi dei Van Halen: Van Halen (1978), Van Halen II (1979), Women And Children First (1980), Fair Warning (1981). Arriverà quindi l'endorsement Kramer con il primo Floyd Rose e così via...

 

ARTE CROMATICA

La serie EVH Art presenta tre modelli, che si differenziano unicamente per i tre abbinamenti cromatici nella tipica finitura a strisce resa celebre da Eddie: nera/gialla, rossa/bianca/nera e bianca/nera con battipenna nero. Abbiamo avuto la possibilità di provare un modello bianco/nero e uno rosso/bianco/nero, quest'ultimo gentilmente messoci a disposizione per un raffronto dal negozio Your Music di Roma (V.le dei Quattro Venti, 184 - Tel. 06 5810704). La custodia rigida in dotazione è la versione black tolex che normalmente accompagna i modelli Custom Shop di casa Fender, e proprio a una Fender, nella forma e nelle dimensioni, ci riporta lo strumento in questione, pur se con alcune sostanziali differenze che avremo modo di esaminare.

 

SI PRESENTA BENE...

La chitarra ha il corpo in tiglio, non molto leggero in verità. La verniciatura appare perfetta oltre che graficamente bellissima. Il manico è un maple-neck (tutt'uno con la tastiera) in acero ed è sagomato secondo le richieste di Eddie; è finito a olio e l'incastro con la cassa a cui è avvitato è precisissimo. La tastiera presenta raggio di curvatura compound e 22 tasti jumbo perfettamente rifiniti, con short bevel, in modo da avere a disposizione il massimo possibile della superficie del tasto sui lati esterni. La scala è di 25 ½", classicamente in stile Fender. In stile Fender anche la paletta, con sei meccaniche Schaller cromate del tipo mini. Il ponte è un Floyd Rose originale con Drop D Tuner, dispositivo posto sotto alla selletta della sesta corda, che consente di abbassare d'un colpo la corda più bassa da mi a re. Il vano molle (in numero di 2) è privo di coperchio e all'interno un adesivo olografico certifica l'autenticità dello strumento. Il vano elettronica invece ha un elegante coperchio in metallo nero spazzolato; all'interno, dove manca qualsiasi schermatura, fa bella mostra di sé l'unico potenziometro (di volume) dell'unico pickup (humbucking) della EVH, ovviamente posizionato al ponte. Misuriamo quasi 14 kOhm di resistenza dell'avvolgimento, mentre la calamita appare in alnico: II, V? La casa non lo dichiara, ma dal suono...

 

AND... ACTION

Appena imbracciata, la bambina si assesta automaticamente sul corpo del chitarrista, e conferisce subito una piacevole sensazione di stabilità e comodità, complici le collaudate strato-forme. Il manico, consistente e corposo senza esagerare, risulta decisamente scorrevole, mentre l'action curata e l'estrema suonabilità denotano la natura custom shop di questo strumento: i tasti jumbo e questo manico consentono un buon compromesso fra un'innegabile attitudine shred e la facilità di esecuzione di bending e vibrato. Ottima la scelta di adottare, per la tastiera, il principio costruttivo del raggio di curvatura variabile (compound radius): la tastiera, infatti, anziché presentarsi come porzione di cilindro, ovvero con lo stesso raggio di curvatura per tutto il manico, ha forma conica, con raggio che va aumentando progressivamente dal capotasto (minore) fino alla fine manico maggiore); questo consente di avere i benefici di una tastiera più curva sui primi tasti (in particolare nell'esecuzione degli accordi) e più piatta nell'ottava alta (action più bassa dove serve, ovvero negli assoli).

 

IL RE È NUDO...

Come suona la EVH da spenta? Ebbene, ha un attacco molto pronunciato, con ottima definizione delle note e un sustain sorprendente per uno strumento equipaggiato con bloccacorde e ponte Floyd Rose...Ah, certo, c'è il trucco: il ponte, proprio come piace a Eddie, poggia direttamente sul body, privo di scasso posteriormente, con conseguente miglioramento del sustain e dell'intonazione durante i bending delle corde libere. Il che non toglie che, volendolo usare anche per alzare l'intonazione, non si possa regolare diversamente; anche se il suono un po' cambierà... Tale soluzione si è resa necessaria anche per la presenza del D Tuner. La proiezione delle basse frequenze non è eccezionale, né d'altra parte avremmo potuto aspettarcelo, vista la scelta dei legni (tiglio e acero non hanno la stessa resa del mogano) e il tipo di costruzione; in definitiva il suono dello strumento, da spento, riflette e conferma le caratteristiche Strato evidenti nel look, con il plus del gran sustain nonostante il Floyd.

 

PLUG'N'PLAY

Appena collegata agli ampli, la creatura denota tutta la sua attitudine a un uso immediato, ovvero basta attaccarla e il suono è gia lì ad attenderci, pronto e senza compromessi, con poche possibilità di intervento: l'humbucker spara che è una meraviglia, ed evidenzia subito una malcelata irritabilità di fronte al canale pulito dell' ampli... Il pickup, realizzato su specifiche di Eddie, satura molto facilmente, anche a livelli di gain bassi, e l'unico modo per ottenere una parvenza di suono pulito, è quello di agire, anche pesantemente, sul potenziometro di volume della chitarra: il risultato è un suono almost-clean, quasi pulito, pronto a impennarsi e a crunchare a ogni pennata! Con il canale crunch, la EVH risponde al massimo: ora naturalmente i bassi vengono fuori, ma sono asciutti e definiti, mentre la contemporaneità di medie prominenti e acuti leggermente più velati ci permette di avvicinarci di molto al brown sound di Van Halen: anche a livelli di gain medio-basso, la combinazione fra il gran sustain che la chitarra evidenziava anche da spenta e la pronta risposta dei tasti jumbo ci permette di sperimentare tutte le evoluzioni tapparole di circostanza! Purché non si abbassi troppo il fine tuning nel mi basso, il D Tuner funziona (accordatore alla mano) egregiamente, permettendo di ampliare le possibilità sonore dello strumento verso il basso, senza nulla perdere in termini di intonazione, nemmeno dopo un uso ripetuto. Il suono lead ribadisce ed esalta i concetti espressi con il crunch: all'aumentare progressivo del gain dell'ampli, la chitarra è pronta a stupirci con una gran botta e un turbinio di armonici guizzanti, fischi, botti e tutto l'occorrente del caso, rivelando ancora la sua attitudine sfacciatamente rock. Proviamo a collegare una delle EVH in prova al fedele Marshall JMP redazionale e restiamo stupiti da quanto questa chitarra suoni alla Van Halen. Colpisce la gran botta, con basse e medie ricche e bellissime, acuti morbidi e tanto presenti, testimonianze di come una cassa che risuona bene e un pickup ben calibrato e potente quanto basta possano concorrere a sotterrare nel loro sound chitarre che sulla carta appaiono ben più attrezzate. E sempre col sorriso, anche timbrico, sulla bocca: Eddie insegna e chi vuol capire capisca. Impossibile non farsi prendere la mano. Un'altra considerazione: questa chitarra suona con precisione, prontezza e gran spessore di suono su tutta, dicasi tutta, la tastiera, dal I al XXII tasto, su tutte le corde! E bravi. Per tirare le somme, questa nuova edizione di chitarra ufficiale dell'olandese volante sembra la migliore interprete del suono originale che sconvolse il rock nel 1978, unendo la dirompente personalità della versione MusicMan alla più consistente ciccia del modello Peavey. E per avere ulteriore conferma che su questa Charvel ci sia una bella dose di medie corpose, siamo passati al test su un sistema a rack con un canale hi-gain compresso e medioso, dove la EVH ha mostrato come disponga di grinta almeno quanto di classe.

 

NATA PER URLARE

Con i suoi 3.818,00 euro di listino al pubblico (custodia inclusa), la Charvel EVH si colloca sicuramente in una fascia di prezzo elitaria, come d'altra parte l'altisonanza del nome, i criteri realizzativi, la cura nell'assemblaggio delle parti e la qualità delle stesse suggeriscono. I suoni dell'artista di cui porta la firma ci sono, soprattutto quelli degli anni '80, mentre se c'è una cosa che proprio non possiamo chiederle è la versatilità: questa Charvel è nata per urlare!

Fabrizio Dadò, Marco Cardona

Commenti   

0 #1 Stef lo Spilung 2015-03-30 13:22
Mah...il tiglio non mi ha mai convinto,ovviam ente bisognerebbe provarla ma non credo che la concedano cosi' facilmente ..pero' visto il prezzo da "sveno" forse e' meglio imparare la lezione di EVH con il DIY si risparmia e ci si diverte ,un body in mogano un manico costano la meta' della meta'...
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