Ozzy Osbourne

Black Rain

Epic records

Axe Metal luglio - agosto 2007


black_rain


Il precedente Down To Earth ha rappresentato di sicuro una brutta battuta d’arresto nella luminosa carriera di Mr. Ozzy Osbourne. In molti pensavano che il vecchio “madman” fosse artisticamente finito dopo il sopraccitato flop e  Under Cover, l’album di covers uscito nel 2005, forse stava a confermarlo. Ma non era così. Radunata la sua squadra, capitanata logicamente dal barbuto axe-man Zakk Wylde, Ozzy è entrato in studio per avere la sua rivincita. Voleva un album che fosse il più vicino possibile ai live con i quali da anni infiamma le folle. E ci è riuscito. Black Rain ha un sound immediato, diretto, quasi come se fosse uno di quei vecchi bootleg registrati in studio. Le danze si aprono con Not Going Away e I Don’t Wanna Stop, brani in cui il buon Zakk supporta la voce inconfondibile dell’ex Sabbath con tutte quelle che sono le caratteristiche del suo guitar playin: riff irresistibili, vibrato, armonici artificiali, frasi solistiche imprevedibili e veloci; il tutto sotto la guida del suo intuito e della sua originalità, che sorprende soprattutto quanto lo porta ad unire soluzioni e tecniche Southern rock con l’Heavy più spinto. La canzone Black Rain poggia la strofa su una bella linea di basso (come in passato fece l’indimenticabile No More Tears), suggestiva quanto le melodie nei refrain delle due ballate del disco: Here For You e Lay Your World On Me. Ma è nei conclusivi episodi intitolati Countdown’s Begun e Trap Door che esce fuori il binomio migliore Osbourne-Wylde. In particolare Trap Door, con il suo chorus cantinelante scandito da una sei corde violenta e “sinistra” come solo la mitica Les Paul Gibson di Zakk sa essere, riporta ai bei vecchi tempi targati No More Tears o No rest for the Wicked, forse i capitoli migliori del post Randy Rhoads.

Matteo Roccia 

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