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Fender Mark Knopfler Signature Stratocaster

Tratto da Axe 109




Mark Knopfler Signature

Qualunque cosa si pensi di Mark Knopfler, non si può negare che Sultans Of Swing è un brano storico, soprattutto per il suono che il cantante/chitarrista ha imposto in un periodo (seconda metà degli Anni '70) in cui la chitarra era sinonimo di saturazione e rock pesante. Quel timbro cristallino, che rimandava agli Shadows, su armonie semplici alla portata di tutti, ha fatto riscoprire un mondo sonoro che sembrava dimenticato. Con un fraseggio agile, un suono ottenuto con il pickup al ponte e quello centrale accoppiati, e i polpastrelli a sollecitare le corde in luogo del plettro, Knopfler ha ridato alla chitarra una voce fresca, insieme tradizionale e innovativa.

L’omaggio da parte della Fender si traduce nella produzione di una signature della Artist Series di produzione americana che ha le seguenti caratteristiche: corpo in frassino leggero, stile 1957, manico in acero con tastiera di palissandro stile 1962 dalla curvatura tradizionale di 7,25” ma con tasti medium jumbo. Tre pickup Texas Special completano il quadro. Il peso è contenuto in soli kg 3,5. La tastiera ha il classico profilo a C, comodo e non troppo sottile, la larghezza al capotasto è di poco più di mm 41, al 12° tasto è di mm 52. La finitura è alla nitrocellulosa, disponibile solo in Hot Rod Red. La risonanza è ottima, con una sonorità da spenta che mostra una buona ricchezza armonica e un timbro chiaro e frizzante.

 

BUONE RISONANZE

Il manico appare scorrevole e ben rifinito, con tasti levigati e ben montati, senza sporgenze fastidiose. La combinazione di curvatura stile vintage e tasti di medio spessore risulta, in un primo momento, "strana" e occorre farci un po’ l’abitudine, ma poi la sensazione è di una certa comodità; certamente i tasti più spessi facilitano il bending e l'esecuzione. Collegata la chitarra all'ampli, otteniamo un timbro squillante e vivace, molto presente e con un buon livello sonoro; decisamente questa Stratocaster risuona bene; si avverte la vibrazione di corpo e manico e la sensazione è di un'eccellente reattività, con buona dinamica e ottimo sostegno. Com'è prevedibile, i Texas Special hanno una lieve durezza sulle acute, ma meno apparente che su altre chitarre, certamente grazie al calore del buon frassino usato, che ne ammorbidisce gli spigoli e fornisce di base una certa ricchezza in gamma media. I suoni puliti sono chiari e giustamente frizzanti, con un attacco netto tuttavia mai aspro, con acuti presenti ma non eccessivamente metallici e sufficiente corpo in basso. Tutte le posizioni del selettore forniscono buone sonorità, con la pienezza solitamente attribuita ai Texas Special, leggermente alleggerita dalla risonanza del corpo che aggiunge un carattere quasi “acustico” intorno a ogni nota, stemperando la naturale aggressività dei pickup (resistenza in continua di 6,1 kOhm al manico, 6,4 al centro e 7,5 al ponte). Se le posizioni 1, 3 e 5 del selettore elargiscono bei suoni netti e definiti, sono le posizioni intermedie, 2 e 4, quelle che sembrano particolarmente ottimizzate, come se tutto in questo strumento fosse calibrato per fornire il massimo risultato in quelle configurazioni. Per quanto i suoni puliti siano ottimi, la Mark Knopfler non sembra particolarmente a proprio agio in saturazione. A livelli di volume dell'ampli più spinti compare una leggera durezza, e, inserendo un overdrive, arriva una certa acidità, soprattutto con il pickup al ponte. Accoppiata al nostro pedale Tech21 XXL, la chitarra mostra una bella pienezza, tanta cattiveria, ma anche una tendenza a tonalità un po’ stridule; anche con il controllo di tono dell’overdrive quasi chiuso sembra difficile trovare l’equilibrio ottimale. Certamente migliore l’accoppiamento con il più tradizionale Daddy O, che, con controlli separati di alti, medi e bassi, consente di regolare meglio il rapporto fra le varie gamme di frequenze e adattare il suono alle più diverse esigenze. In questo modo si ottengono buoni risultati sia per un crunch alla Rolling Stones, sia per fraseggi aggressivi di stampo rockblues. Sebbene curando l’abbinamento con amplificatori ed effetti si possa adattare lo strumento pressoché a ogni genere musicale, indubbiamente questa Fender sembra prediligere per sua natura i suoni puliti: specialmente con l’aiuto di un riverbero o un delay si può spaziare dai Dire Straits ai Pink Floyd con successo.

 

CHITARRA DI FUSIONE

Fondamentalmente una fusione fra un'American Vintage stile ’57 (il corpo) e una stile ’62 (il manico), la Mark Knopfler aggiunge alcune caratteristiche esclusive, come l’uso di frassino leggero e molto risonante per la cassa, tasti di medio spessore per la tastiera abbinati a un raggio di curvatura in stile vintage (inusuale ai giorni nostri, ma che rispecchia la modifica più comune effettuata su alcune chitarre d’epoca da musicisti poco entusiasti dei sottili tasti originali), pickup potenti e una relizzazione molto accurata. Come per tutte le chitarre basate sulle scelte personali di un artista, alcuni dettaglipossono non rappresentare l'ideale per tutti; le preferenze in fatto di conformazione del manico sono sempre molto individuali e per il chitarrista moderno, abituato ad associare i tasti medium jumbo o jumbo a tastiere dalla curvatura ampia, tipicamente 9,5” o 12”, trovarli su una tastiera da 7,25” può rappresentare un'iniziale difficoltà; ma, se si vuole una chitarra come quella che usa Mark, occorre adattarsi alle sue scelte; comunque ci si abitua presto. Dal punto di vista dei suoni, siamo in pieno territorio Dire Straits, anche prima di accendere l’amplificatore. La prova della Rory Gallagher Tribute che figura sempre nello speciale di Axe 109 ci ha fatto notare come la Fender, quando vuole, può produrre uno strumento timbricamente mirato già a livello di liuteria, con una selezione accurata dei legni, soprattutto per il corpo; ma in quel caso si tratta di uno strumento Custom Shop. Che la casa riesca ad avvicinarsi a risultati altrettanto mirati su un modello di produzione meno esclusiva costituisce una piacevole sorpresa. Dal punto di vista puramente timbrico le due chitarre sono, in qualche modo, su due fronti opposti del suono Fender: tanto ricca di corpo la prima, quanto virata su toni più chiari e relativamente sottili, nonostante i Texas Special, la seconda; tanto pronta a rispondere con naturalezza alla saturazione la Gallagher, quanto più felice con i puliti la Knopfler; ma, considerate le differenze di indirizzo, ognuna rappresenta un successo nel mantenere le indicazioni di progetto. L’unica considerazione che ci sentiamo di fare è che forse pickup meno carichi per la Mark Knopfler metterebbero più in luce il potenziale offerto dal bel frassino usato per il corpo, ma la scelta è dovuta a una precisa preferenza del chitarrista scozzese che, come sappiamo, ha sempre amato pickup potenti.

 

IN CONCLUSIONE

La Mark Knopfler mantiene quanto promette, cioè rendere facili da ottenere i suoni caratteristici dell'endorser, con una buona qualità generale che la rende appetibile anche a chi non sia un fan dei Dire Straits. La troviamo, invece, meno adatta a chi suoni prevalentemente in saturazione. Nonostante come fascia di prezzo sia vicina alle American Vintage, siamo spinti a collocarla un gradino più su: insomma, la considereremmo una Vintage Custom. La verità è che la Stratocaster è uno strumento geniale perché, grazie alla propria struttura modulare, basta cambiare alcuni componenti per avere un arcobaleno di suoni diversi. L’importante è trovare buoni esemplari fra i quali scegliere la variante più adeguata alle proprie preferenze.

Mario Milan
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