EDDIE VAN HALEN

VanHalen

Ha traghettato la chitarra moderna dalla sponda del fiume Hendrix al porto fluviale della distorsione. Olandese di nascita ma californiano di adozione, pubblica il primo disco nel ‘78 ed è subito furore: i tratti caratteristici sono vari. Primo tra tutti il suono, una distorsione mai udita fino a quel momento, ottenuta con un micidiale ordigno, il Variac (serve per “spremere” Ie valvole finali) e il suo Marshall Super Lead 100. Suono grosso, corposo, ricco di armoniche e lontano da quello acido e pungente di Hendrix... Una vera rivelazione. Poi il modo di suonare: energia allo stato puro, uso della leva del vibrato mai udito prima, velocità da capogiro, portando alla ribalta la tecnica del tapping (tutti la conoscono, ormai) sconvolgendo la definizione stessa del solo rock, lasciando tutti incantati e piuttosto sconvolti. II suo effetto sulle generazioni a venire è determinante, il suo modo di suonare fatto di istinto, tecnica e “fuochi artificiali” strega generazioni intere che sono pronte a dare il sangue per “imparare a stupire” con questa nuova dinamite sonica. Dopo Van Halen è difficile individuare un chitarrista che sia riuscito a fare altrettanto per I’innovazione della chitarra rock. Praticamente tutti i chitarristi devono a lui il loro suono hi-gain e buona parte dei trucchetti che si riescono a fare grazie a esso: armonici artificiali, fischi e botti con la leva del vibrato, legati alla velocità della luce col tapping e tappeti distorti nei riff usando non solo i vecchi, ritriti power chord per quinte, ma nuove soluzioni per triadi che Eddie propose fin dal primo disco, fin dal primo riff.

Andrea Scuto

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