immagine rappresentante un chitarrista

FENDER HOT ROD DELUXE III


Tratto da Axe 160, Febbraio 2011
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Fender Hot Rod Deluxe III

Gli amplificatori Fender della serie Hot Rod, oggi di produzione messicana, sono ormai noti a tutti per l’ottimo rapporto qualità/prezzo e la costruzione robusta, oltre che per un suono che, senza vantare il fascino delle serie Vintage Reissue, risulta abbastanza versatile da adattarsi ai più svariati stili musicali.

Ora uno dei modelli più popolari, l’Hot Rod Deluxe, ha subito alcuni miglioramenti che dovrebbero renderlo ancora più appetibile; nella versione III, infatti, sono state apportate alcune modifiche nel controllo del volume e in quello dei toni acuti, resi più graduali, e nell’altoparlante da 12”, che è ora un Celestion G12P-80 da 4 Ohm, in sostituzione dell’Eminence fornito nei modelli precedenti e un pannello nero che dovrebbe garantire una migliore visibilità dei controlli rispetto a quello cromato.

Sul pannello troviamo due ingressi chitarra, ad alta e bassa sensibilità, controlli di Volume, Drive, Treble, Bass e Middle, Master, Reverb e Presence. Seguono l’uscita del preamplificatore e l’ingresso del finale (utilizzabili per collegare un preamplificatore esterno o un altro finale oppure, insieme, come effect loop) e la presa per il footswitch (fornito) a 2 interruttori/3 funzioni per la selezione dei canali. Di seguito trovano posto l’indicatore luminoso dell’accensione, lo stand-by e l’interruttore d’accensione. Fra il potenziometro del controllo dei medi e quello del volume Master, un interruttore permette la selezione dei canali Clean e Drive; considerando anche il modo More Drive, attivabile con un ulteriore switch, l'ampli risulta in pratica un 3 canali. Un terzo interruttore inserisce il Bright.
Le valvole sono tre 12AX7 nel pre e due finali 6L6 della Groove Tubes.

Le dimensioni relativamente contenute e un peso di 22,5 kg. rendono l’ampli facilmente trasportabile e la potenza di 40 Watt è sufficiente per la maggior parte delle situazioni in locali di piccole o medie dimensioni. A parte la livrea nera anziché tweed, l’estetica, come è noto, richiama i modelli storici degli anni Cinquanta, mentre il circuito sembra ispirato a quella generazione di amplificatori di classe elevata che tenta di combinare il classico suono pulito per il quale la Fender è giustamente famosa, con un tipo di saturazione che occhieggia al British sound, in questo caso sottolineando il concetto con la dotazione di un altoparlante Celestion. Sul retro, accanto alla presa del cono interno, c'è una seconda presa in parallelo per collegare un altro cabinet da 4 Ohm (totale 2 Ohm); allo scopo la Fender propone un'apposita extension 1x12" con un Celestion uguale a quello di serie.

British Bassman

Questo combo dal buon rapporto qualità/prezzo non ha l’ambizione di competere direttamente, per complessità timbrica e selezione dei componenti, con prodotti d’élite, ma piuttosto di fornire quel tipo di versatilità al musicista con limiti di budget; un pratico strumento di lavoro che, senza risultare particolarmente complesso, sia in grado di erogare un suono adattabile e sufficientemente compatto anche se si usano effetti.

Usando l’amplificatore con varie chitarre dotate di pickup sia a singolo avvolgimento che humbucking, notiamo un suono pulito che, sebbene meno limpido e cristallino di quello dei modelli Vintage Reissue, ne fornisce una buona interpretazione, con appena un po’ di durezza in gamma alta, bassi decisamente più asciutti rispetto alle versioni precedenti e medie meno invadenti, grazie anche all’altoparlante Celestion che in effetti sposta il timbro in una zona intermedia fra le sonorità di un Bassman e quelle di scuola inglese con buona efficienza e acuti brillanti.

Il riverbero a molla contribuisce, pur non essendo particolarmente esaltante, a dare la giusta profondità al suono, mentre il controllo di presenza consente di adattare il timbro alle diverse situazioni (l’effetto che ha sul suono pulito ci sembra inferiore rispetto a quello sul canale distorto). In ogni caso è sufficientemente efficace per dare smalto alle ritmiche anche usando pickup humbucking, mentre con i single coil preferiamo tenerlo al minimo.

I controlli di volume e tono sembrano reagire più gradualmente rispetto alle versioni precedenti (promessa mantenuta, quindi), ma in alcuni casi si potrebbe preferire, in generale, il maggior calore delle medie dei vecchi modelli, con i quali è in qualche modo più facile evocare sonorità di stampo vintage. Decisamente i ritocchi al circuito e il carattere del Celestion rendono il timbro più squillante e presente, calibrato più per il rocker che per il bluesman, ma incisivo: non si dovrebbe avere difficoltà a uscire con chiarezza anche suonando in un gruppo numeroso e senza alzare troppo il volume.

Boutique per tutti?

In saturazione la propensione a timbri di ispirazione vagamente Bassman con marcato accento inglese si fa ancora più evidente, riallacciandosi maggiormente ai modelli d’élite cui si accennava, anche se, rispetto a quei costosi concorrenti, il prezzo moderato ha come altra faccia della moneta una maggiore granulosità del suono, meno raffinato e lineare, con accenni di ruvidezza che, tuttavia, in molti casi non appariranno come una caratteristica negativa. Quello che manca in eleganza, in pratica, è compensato da una maggiore sensazione di “cattiveria”. Premendo il pulsante More Drive, la saturazione si fa più spinta e piena, ma con sufficiente intelligibilità in gamma bassa, sempre asciutta e netta, con acuti frizzanti e abbastanza ben supportati dalla gamma media, che, anche se non particolarmente complessa nella trama, è compatta e musicale, pur se con qualche accenno metallico in condizioni estreme.

Molti costruttori di amplificatori “boutique” partono da circuiti di scuola Fender apportandovi modifiche adatte a creare una sorta di ponte sonoro fra quel tipo di suono e quello di stile inglese, ispirandosi ai vecchi Vox o Marshall; il Fender Hot Rod Deluxe III ne rappresenta, in qualche modo, l’omologo “per tutti”, con un timbro più stilizzato, meno ricco di armonici, compensando queste mancanze con un prezzo decisamente più accessibile e una buona versatilità. Le sonorità offerte da questo combo sono abbastanza corrette e risultano perfettamente efficaci soprattutto per un uso pratico in locali nei quali, di solito, molte raffinatezze sarebbero comunque poco apprezzabili. Un modello che fa del compromesso e della duttilità la propria filosofia, con un altoparlante che a nostro parere costituisce un deciso miglioramento, anche se il prezzo da pagare è un carattere sonoro un po’ generico, adatto a fare molte cose ma senza eccellere in alcun campo in particolare.

Il maggiore compromesso si ha nella qualità della pasta in distorsione: ben calibrata come quantità, passando da un crunch molto efficace a una saturazione più spinta con il Drive, non sembra comparabile a quella ottenibile con un ottimo overdrive, risultando migliorata senz'altro rispetto al passato ma ancora un po’ grezza.

Que viva Mexico

Quali i punti di forza dell’Hot Rod Deluxe III? Certamente un suono pulito che, pur non essendo quello classico di un black face, mantiene intatto il calore valvolare che ci si aspetta da un Fender. L’altoparlante Celestion attribuisce un tono più British e una buona versatilità, il riverbero classico e la presenza di un effect loop rendono più semplice la vita a chi ama usare molti effetti.

Rispetto a un vecchio Hot Rod Deluxe, la versione III garantisce maggiore chiarezza sonora, un impatto maggiore e una dinamica più incisiva; ciò che si perde in calore della gamma media è compensato dalla maggiore definizione e da una sonorità più proiettata in avanti e più aggressiva.

Nonostante i compromessi necessari per mantenere ottimale il rapporto qualità/prezzo, l’Hot Rod Deluxe III è un prodotto da prendere in considerazione per il buon equilibrio complessivo, con qualche limite quanto a carattere e raffinatezza, ma che trova proprio nella genericità la sua ragione d’essere. In definitiva questi signori della Fender Mexico ogni volta confermano di sapere quello che fanno, sia con le chitarre che con gli ampli... Muy bien muchachos!

Mario Milan

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