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GUIDA AL CAPOTASTO


Tratto da Axe 85, Febbraio 2004
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Capotasto nuovo o…compressore d’occasione?

Compriamo una chitarra (nuova o usata, non importa) e, dopo un po' che la usiamo, siamo già lì a pensare a come modificarla secondo i nostri gusti o a ottimizzarla, perché la passione iniziale, come in ogni buon matrimonio, cementa e tende a diventare un grande affetto, insostituibile ma razionalmente vagliabile con la categoria del... dubbio. E allora, cominciamo: cambio un pickup, magari quello al ponte? Per ora... I tasti (se la chitarra è usata) mi sembrano "arrivati": è ora di una rettifica? Chissà se con i potenziometri di valore "giusto"... E poi, 'sto manico, perché all'inizio mi sembrava più comodo? Si sarà "storto"?! E l'estetica? Un bel battipenna nuovo, magari quello con la bandiera nipponica che usa anche Nopijo Nanota... Mai una volta che ci cadesse l'occhio sul benedetto capotasto: diamo sempre per scontato che quello che c'è sia perfetto così com'è: un semplice punto d'appoggio per le corde.

Invece, potremmo chiederci: si è... usurato? È tagliato "a mestiere", con i solchi di calibro adeguato ad accogliere le corde, senza tendere a strizzarle e frenarne lo scorrimento? E >questi solchi si trovano all'altezza giusta sulla tastiera? O sono troppo alti, ed ecco perché faccio fatica nelle prime posizioni e non riesco a migliorare più di tanto l'action? O, peggio, perché l'intonazione delle note cresce in maniera udibile quando non faccio attenzione a come pigio le corde? O forse sono troppo bassi, perché il vecchio proprietario faceva lo shred e io, che suono country, non riesco a fare i bending di un bel tono pieno al II tasto senza che la corda tirata mi scappi da sotto le dita? Sarà di un buon materiale? Ho speso una fortuna per dei nuovi pickup Besti-amatic, eppure il sustain non è ancora un granché... Le corde sono ben stabili all'ingresso sulla tastiera, senza oscillare lateralmente, e invece relativamente più libere quando abbandonano il capotasto per raggiungere le meccaniche? E i solchi sono un po' inclinati? Sono ben spaziati? I due mi poi scappano sempre fuori dalla tastiera: saranno le corde... Nooo, io cambio chitarra, anzi compro un bel compressore!

Un pezzetto di chitarra

Vabbe', è solo un piccolo "pezzo di chitarra", messo lì in solitudine, pure poco in tono con la nostra ascia nero industrial da 3° millennio: ma che ci sta a fare? Eppure...

Girare per i laboratori di liuteria con la propria amata da "ri-capotastare" può essere frustrante". Se ci va bene, ci ritroviamo con i solchi riempiti di polverine e colla oppure con uno spessorino di legno ficcato nella sede, sotto il capotasto. Se ci va di mezzo, siamo rimandati a casa con un: "La chitarra sta a posto, gli diamo una regolatina... E poi tu devi migliorare il tocco". Se ci va proprio male, ci ritroviamo qualche centinaio di euro di lavoretti non richiesti da pagare.

Realizzare ex-novo un capotasto è cosa tutt'altro che facile" e veloce. Contrariamente al montaggio di un pickup o alla regolazione dell'intonazione, eseguibili anche dal cosiddetto repairman, su un'operazione di questo tipo si vede la professionalità del vero liutaio rifinito. Ci vogliono occhio, esperienza, destrezza manuale, basi di liuteria classica e... voglia di fare. Per questo motivo e forse anche perché alla fine può sembrare non giustificata la richiesta economica, non è così facile trovare qualcuno che ci metta le mani!

A cambiare troppo… si sbaglia!

Anche Axe aveva questo problema": il capotasto della nostra Schecter S redazionale era stato già "manomesso" almeno due volte nel corso della sua breve (dal 1997) esistenza: la prima volta per abbassarlo un bel po' e accogliere mute .009-.042 (eh sì, all'epoca volevamo correre), la seconda, pentiti, per rialzarlo, operazione effettuata applicando uno spessore in acero nella sede. Abbiamo detto basta, lo vogliamo nuovo e a misura delle nostre nuove esigenze: altezza come l'attuale, ma senza spessori, adatto a corde .010-.046, mi cantino e mi basso un po' più vicini ai bordi della tastiera, così proviamo certe finezze extra-board.

Fattaci un'idea leggendo l'articolo di carattere generale e i consigli pratici per il fai-da-te, di Alberto Bonafini", siamo poi andati a trovare Piero Terracina" e abbiamo documentato fotograficamente l'intera operazione".
Come si vedrà, la faccenda non è stata semplicissima, né brevissima, e ha comportato altre lavorazioni, preparatorie, di compendio, di finitura e, comunque, oggettivamente... necessarie. Be', il nostro strumento ha qualche annetto, abbiamo approfittato.
(Nota per la redazione: se qualcuno chiama per il conto, siamo in riunione a tempo indeterminato).
Una raccomandazione: non proviamoci da soli!

Fabrizio Dadò


Soluzioni rapide, ma occhio a non far casini…

Probabilmente è la parte della chitarra piu "maledetta"" dai chitarristi, un'elemento piccolo piccolo, che però può rendere inimitabile il suono del nostro tesorino oppure tramutarlo in un... gatto selvatico!
Vediamo allora di capire un po' cos'è il nostro capotasto.

Innanzitutto precisiamo che quanto andremo a dire non vale per le chitarre dotate di tasto zero" (0 fret, usato su alcune Rickenbacker, Eko, Meazzi, Gretsch); infatti in questo caso il capotasto ha solo la funzione di tenere in posizione le corde. Per 0 fret intendiamo il primo tasto in assoluto, quello che dà il suono a corde libere e praticamente dà la misura del diapason. È stato abbandonato un po' da tutti, anche perché, con l'avvento dei superponti tremolo (leggi Floyd Rose), si hanno problemi con l'accordatura, poiché il tasto 0 "lega" un po' la corda, impedendole di scorrere al meglio quando si aziona la leva.

Torniamo al nostro capotasto, cominciando ad accennare all'action delle corde", ovvero l'altezza delle stesse sulla tastiera, alla cui regolazione concorrono l'altezza del capotasto, quella del ponte, la rettilineità o meno del manico e la sua angolazione rispetto alla cassa.
La misura "ideale", potremmo dire, non esiste, visto che la regolazione dell'action è una cosa personalissima, dipende dallo strumento, dal genere che si suona, dalle abitudini che si sono prese, tutti fattori che ci fanno preferire un'action o l'altra. L'importante è che dopo aver suonato pochi minuti non si abbia la mano "anchilosata", perché l'action è troppo alta, o che non si riescano a eseguire alcune tecniche, come il bending, o, peggio, che si sentano fastidiosi sfrigolii, perché invece è troppo bassa.

Dobbiamo constatare che case anche molto importanti oggi immettono sul mercato degli strumenti non perfettamente curati da questo punto di vista, e al liutaio capita spesso di dover intervenire proprio per correggere i suddetti problemini. Senza contare che il cambio della muta di serie con un'altra di spessore diverso comporta la necessità di variare le sedi delle corde sul capotasto.

Se siamo degli appassionati del fai da te", con un minimo di cognizione di causa, ecco qualche suggerimento" temporaneo pratico e economico. Esempio: "Il mio tesorino, per essere suonato, non ha bisogno di una mano, ma di una morsa"; questo inoltre causa un tiraggio delle corde anomalo e non permette un'intonazione decente: cosa fare?" Semplice, basterà avere a portata di mano una muta di vecchie corde: per il mi basso, il la e il re, sfruttiamone l'avvolgimento come una lima, facendo scorrere la corda avanti e indietro fino ad abbassare la sede della corda sul capotasto quel tanto che basta. Per la corda sol, potrebbe andar bene una limetta, usata di taglio, mentre per il si e il mi cantino, potremo usare una lametta del vecchio traforo. Tutto questo però va fatto con la massima cautela: c'è il rischio concreto di far danni!

Se il problema è opposto (sedi troppo ampie o troppo profonde"), potremo usare un po' di "stucco" fatto in casa: della polvere d'osso (si può provare anche con il talco), se il capotasto è bianco, o della grafite ottenuta da una matita, se è nero. Mettiamone un po' nella scanalatura, aggiungiamo una goccia di colla istantanea (tipo cianoacrilica) e procediamo come descritto. Facciamo in modo che la corda non entri nella sede per più della metà del suo diametro; ne guadagneremo in sustain e brillantezza:

immagine capotasto chitarra

Una raccomandazione: il capotasto deve toccare la corda solo all'inizio; eviteremo così curiosi effetti... sitar!

Veniamo ora ai materiali che si possono utilizzare. Una grossa differenza sulla scelta del materiale", la fa il ponte. Se dobbiamo sostituire il capotasto su di uno strumento jazz o classico o folk, insomma a ponte fisso, potremmo dire che qualsiasi materiale molto duro può andar bene. Quello più comunemente usato è il classico osso di bue (non spugnoso, ma bello solido). Possiamo trafugarlo... dalla pentola del brodo. Una volta pulito, tagliato e sagomato, avremo un ottimo capotasto, che esalterà la brillantezza dello strumento.

Personalmente ho potuto constatare che anche l'ebano può essere usato con ottimi risultati", avendo cura di porre la venatura perpendicolarmente alla venatura della tastiera. Asteniamoci dall'uso dell'avorio: oltre a essere illegale, c'è anche da considerare una questione etico-morale, che ci rende particolarmente solidali con elefanti e altri animali in genere. Oltretutto si possono reperire sul mercato ottime imitazioni sintetiche, che non hanno niente da invidiare a quello vero. [Capotasti in ottone e half-and-half (ottone lato tastiera / osso lato paletta), dopo un periodo di relativo successo, sono ormai in disuso: se è vero che sono molto durevoli ed "equalizzano" il suono delle corde suonate a vuoto, conferiscono una sonorità alquanto "fredda", che tuttavia non sembra dispiacere al buon Malmsteen, ndr].

Se invece il nostro ponte è mobile", dovremo adottare un materiale duro sì, ma anche "scivoloso"", in modo che la corda possa scorrere agevolmente nel solco quando si usa la leva (in questo caso, una serie di meccaniche autobloccanti può essere di grande aiuto). Il reperimento di questo materiale, però, non è così "domestico"; perciò consigliamo di rivolgersi al proprio liutaio di fiducia o a un negoziante con adeguato servizio di riparazione e setup.

Se il capotasto montato di serie non è dei migliori, la pressione delle corde a lungo andare può imprimere l'orma dell'avvolgimento nella sede; la conseguenza è una difficoltà nell'accordare perfettamente e un... pericoloso innalzamento della pressione arteriosa. Basterà allentare la corda, toglierla dalla sede, far scorrere nella scanalatura la punta di una matita e riaccordare: tranne problemi più gravi, il gioco sarà fatto.

Alberto Bonafini


Ma… è solo un capotasto!

Verificate le condizioni del capotasto e di tutta la chitarra, si conviene che è opportuno procedere alla rettifica dei tasti, troppo consumati. Si smonta il manico. E fin qui basta un cacciavite.

immagine articolo guida al capotasto

Mascherata con del nastro di carta la zona del capotasto per evitare danni al legno, si asporta il vecchio capotasto, incollato nella sua sede. Ora ci vogliono le pinze...

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Bisogna quindi asportare il vecchio spessore in legno incollato, servito a suo tempo per rialzare il capotasto, utilizzando tagliabalsa e solvente e facendo attenzione a non danneggiare la sede.

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Ecco la sede del nostro capotasto libera, linda e pulita. Sul fondo è visibile la porzione di " skunk stripe" in noce che chiude la sede del truss-rod.

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Una volta regolata la tensione del truss-rod per avere il manico lineare, si passa alla rettifica della tastiera utilizzando un piano, carta stearica e... olio di gomito!

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Un'ulteriore fase della rettifica della tastiera con smeriglio di valore più alto. Atto finale, viene ripristinata l'angolatura del bordo dei tasti.

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Finita la sgrossatura, si ridà la giusta curvatura ai tasti con un'apposita lima concava. Quindi si provvederà a un'ulteriore rifinitura dei bordi esterni dei tasti.

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Ripulita dalla limatura con un pennello, la tastiera rettificata è ora pronta per essere lucidata a macchina (vedi anche foto successive).

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Lucidatura finale della tastiera con pasta abrasiva fina e platorello con spugna.

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Rimontato il manico, è giunto finalmente il momento di rifare il capotasto, partendo da un pezzetto d'osso di dimensioni adeguate alla sede.

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Con una lima si procede per tentativi e verifiche in successione alla sagomatura per sgrossatura del nuovo capotasto, fino all'adattamento perfetto alla sede.

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Il capotasto, ancora grezzo e privo di solchi, è pronto ed è stato inserito e incollato nella sua sede.

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Abbiamo avanzato la richiesta di variare lievemente le distanze dei solchi rispetto al vecchio capotasto, che quindi non può essere usato come riferimento per i nuovi tagli. S'inizia con quelli dei mi.

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Montati il mi cantino e basso, si prendono le necessarie misure con l'aiuto di un calibro; ma l'operazione richiede soprattutto... buon occhio! (V. anche foto 16).

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In questa fase è fondamentale la specifica del cliente per posizionare i primi due solchi secondo le sue esigenze.

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È ora di ricorrere nuovamente al nastro per proteggere la parte interessata. Con una lima si procede al taglio del capotasto, tenendo per il momento d'occhio la sola posizione dei solchi.

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Man mano che si procede ai tagli, si verifica la corretta distanza tra i solchi, che deve tener conto dei diversi spessori delle singole corde. Si può notare che il si e il sol qui vanno distanziati meglio.

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Scendendo col taglio si apportano leggeri adattamenti consecutivi, avvicinandosi alla soluzione desiderata. Errori irreparabili comporterebbero il rifacimento del capotasto.

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A volte l'occhio non basta. Un compasso aiuta... La posizione dei tagli deve possibilmente seguire l'andamento della curvatura della tastiera.

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Ed ecco il nuovo capotasto con i solchi scavati e correttamente distanziati; l'altezza dei tagli va regolata a occhio (e dita), facendo riferimento ai primi due tasti e alle richieste del chitarrista.

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Inserite tutte le corde nei solchi si verificano la larghezza e la profondità dei tagli, che vanno lievemente inclinati verso la paletta; la corda deve essere stabile frontalmente...

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... e relativamente mobile trasversalmente uscendo dal capotasto verso la paletta. Si maschera di nuovo la parte interessata, prima di procedere all'asporto dell'eccesso di materiale in alto.

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E quindi... mano alla lima fino al raggiungimento del risultato voluto. Alla fine dell'operazione le corde dovranno sporgere dalle sedi per circa la metà del loro diametro.

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Sembra fatta. Ora bisogna accordare per bene, fare lo stretching alle corde, regolare action e intonazione...

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Lievi ritocchi sono ancora possibili a fronte di residui "miagolii". Nonostante le meccaniche ad altezza calibrata, un alberino per abbassare i cantini sulla paletta non guasterebbe...

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Visto che ci siamo... ottimizziamo! Si rismonta il manico per inserire uno spessore e inclinare lievemente il manico in uscita dal corpo della chitarra.

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Ecco fatto. Action, intonazione, prova dello strumento e... passare alla cassa, prego! La nostra Schecter è rinata: sustain, suonabilità, una bomba!

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Testo e foto: Fabrizio Dadò
Consulenza tecnica: Piero Terracina

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