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ANDREA BRAIDO
ONERI E ONORI... IN FUNK!

braido

Axe 131

vedi la trascrizione

Se, come da lui stesso dichiarato nell’intervista rilasciata all’axemanperantonomasia, el Di-retúr (Axe n.124, settembre 2007), Steve Vai è l’armigero a più feroce critica mondialmente sottoposto, possiamo, circoscrivendo al territorial limite dello nostro patrio stivale, porre sulle generose e robuste spalle di Andrea Braido suddetto fardello, con gli oneri ma certamente anche gli onori che l’essere perennemente “inquadrato dai mirini al laser” comporta. Non vi sono dubbi sulla passione che questo trentino suscita nelle schiere dei fan. Tra tanto incenso, non si possono non intravedere, e soprattutto sentire, anche pareri e opinioni contrarie… Ma, come ben sappiamo, è difficile piacere a tutti, soprattutto se si hanno idee musicali chiare, che non scendono a compromessi, ma rispecchiano fedelmente le vibrazioni trasmesse dall’anima, dal cuore, dal cervello e, perché no?, dagli organi interni/esterni di baricentrica dislocazione… Vibrazioni che seguono direzioni diverse progetto dopo progetto, e che sono state convogliate per questa fatica nella pubblicazione di Braidus in Funk (VideoRadio), in cui Andrea conferma di essere non solo un grande chitarrista, ma anche un bassista che potrebbe affiancare chiunque su qualunque palco…
Chi ben conosce il nostro sa che, per dirla in termini calcistici, non tira mai indietro la gamba quando si tratta di esprimere opinioni… Opinioni sincere e oneste come la sua musica, senza pensare a eventuali conseguenze, in un ambiente dove gli “allineati e coperti” hanno indubbiamente vita più facile…

Cosa ti ha spinto a creare un progetto come questo, dedicato al funk?

Essenzialmente, ho ascoltato e suonato molta musica. Il funk è sicuramente una parte preponderante del mio modo ritmico di suonare e, nonostante questo lato non sia stato espresso frequentemente come session-man, ho registrato un bel po’ di idee che avevo scritto e in seguito le ho inserite in questo progetto. Dal vivo comunque sono anni, anzi, forse da sempre, che inserisco elementi funky, intesi come pulsazione del tempo nel modo di suonare parti soliste e ritmiche!


Quali sono le ragioni che ti hanno portato a realizzare Braidus in Funk preparando, cuocendo e servendo tuttele portate?

I miei lavori solisti sono una mia creatura; ci metto anima, esperienze di vita, sentimento e gioco; quindi realizzo quasi il 90% del lavoro da solo con la dovuta autocritica ed esperienza. Chiaramente posso farlo perché alle spalle ho anni di pratica, ascolto e studio di vari strumenti: basso, batteria, percussioni, chitarra…L’unica eccezione è costituita da tre ospiti…In alcuni brani sentivo la necessità di avere altri strumenti che non suono. Durante un mio concerto i Power Duo, ossia Marco Bianchi [vibrafono] e Matteo Mascetti [marimba], mi hanno dato il loro CD che mi ha colpito favorevolmente. Due ragazzi preparati, umili, talentuosi e molto seri! Infatti durante le registrazioni nel mio home studio, in due take abbiamo terminato i brani M.Funk, Leonardo’s Funk e Fire And Passion Way! Il mio attuale batterista, Alessandro Napolitano, mi diede tempo fa un CD di Raffaele Casarano. Apprezzai molto i suoi sax, quindi, quando ho avuto bisogno di un sax alto e un soprano, ho pensato a lui, sicuramente un talento!

Sei uno dei chitarristi italiani che riscuotono più successo e, come diretta conseguenza, uno dai quali si attende sempre qualcosa in più… Cosa pensi di aver dato in più in questo disco rispetto ai precedenti?

Pretendo sempre di più da me stesso; ogni mia creazione musicale è frutto diretto del mio vissuto e quindi porta in sé nuove sensazioni e racconta nuove storie. Rispetto ai CD precedenti ho dato molta rilevanza al groove, al basso e a un fraseggio molto jazzistico ma contaminato dal funk! E poi, ogni creazione meditata e vissuta in periodi diversi della vita dà qualcosa di nuovo: il “di più” sicuramente viene da una maggiore esperienza!  Il primo brano è dedicato a Marcus Miller, che pare essere diventato tuo amico da un po’ di tempo…Marcus Miller è sempre stato un punto di riferimento per me, sia come musicista/produttore che come bassista. Dopo il suo consenso a potergli spedire un best delle mie cose, ha apprezzato molto e mi ha chiesto se volevo registrare un solo nel suo penultimo CD [Free, Dreyfuss]. Naturalmente mi ha fatto un gran piacere e l’ho ringraziato per l’opportunità datami nella song Blast!

Dovessi scegliere tre brani del CD per rappresentarti al meglio, quali sceglieresti e perché?

Ogni brano ha una sua storia, ma potrei citare M.Funk, che riassume il grande legame che secondo me esiste tra funk, bop e jazz; Meditation Funk, per il connubio tra melodia e groove ma a tempo lento; infine Industrial Funk per la fusione tra suoni rock ma con accenti spiccatamente funk.

Ho parlato e raccolto pareri di addetti ai lavori riguardo alla tua ultima fatica. Teniamo il giudizio più basso e quello più alto e li sottoponiamo al tuo commento: 1) non lo discuto come chitarrista, ma il CD non dice nulla di nuovo, sembra una serie di demo sulle quali esibirsi… 2) Non solo si riconferma grandissimo chitarrista, ma si propone pure come grandissimo bassista!

Rispetto tutti i pareri, positivi o negativi che siano, ma non cambiano di una virgola il mio cammino e i miei obiettivi. Rispondendo all’affermazione “demo per esibirsi”... Beh, si capisce che la conoscenza musicale della persona in questione è molto limitata. Se avessi voluto fare un disco di demo in due giorni sarebbe stato pronto! Lì dentro c’è la mia vita, fatta di esperienze concrete e vissute, quindi, come direbbe el vecio Maestro Frank [Zappa] aff… E avanti il prossimo! Ringrazio comunque chi mi ha sempre dimostrato rispetto, stima e anche gioia.

Stasera ti proponi in trio con Vito Di Modugno e Alessandro Napolitano, alternandoti alla chitarra e al basso… Hai mai considerato l’idea di proporti come bassista in una band con un altro chitarrista?

Non escludo tale possibilità, ma, più che ad una formazione con un altro chitarrista, preferirei una sezione fiati e un tastierista abile anche con il piano acustico!

Come nasce l’idea di questo progetto soul jazz in trio?

Agli inizi del mio studio quotidiano ci sono stati alcuni dischi fondamentali per la mia formazione musicale: Boss Guitar di Wes Montgomery, The George Benson Cook-book e alcune cose dei Lifetimes di Tony Williams, con John McLaughlin e Larry Young all’Hammond! Quindi mi ero ripromesso un progetto in quella direzione, con brani miei e altri classici… In realtà però ho già la testa da un’altra parte, sempre di jazz si tratta ma in un altro ensemble!

Rimanendo sui patri musicanti, dalle note interne di copertina di Space Braidus motivi la tua scelta di musicisti esclusivamente italiani come una risposta netta al momento di esterofilia che fa apparire di serie B qualsiasi lavoro dove non appaiano statunitensi o inglesi… È ancora così?

In quel momento [2004] sinceramente ero deluso dal fatto che nelle produzioni popolari più grosse del nostro paese venissero chiamati quasi sempre musicisti stranieri, sicuramente molto preparati ma anche poco conosciuti dalla maggioranza dei fan che alla fine comprano i CD. Quindi ho esposto la mia opinione al riguardo. Col senno di poi, penso che spesso in Italia qualità effettiva e umiltà siano molto lontane dagli standard internazionali e quindi ora parlo per me, delle mie esperienze e della mia capacità nell’affrontare situazioni musicali disparate, e garantisco per me. Il risultato conta, indipendentemente dalla nazionalità dei musicisti, ma quando incontro dei talenti italiani ne sono felice!

L’anno passato è uscito un tuo video didattico dal titolo La chitarra. Ho la certezza che una rubrica didattica a cura del Dott. Kranius costituirebbe un succoso appuntamento per lo convento chitarristico e li frati tutti, ma ciò non è mai accaduto… Mancanza di offerte interessanti, intenzione, tempo?

Principalmente sono un musicista istintivo e la parte didattica riguarda i DVD che ho realizzato insieme alla Playgame. Per me non c’è nulla di più vero che dare un esempio concreto di quello che succede nella realtà di una situazione musicale. Quindi non sono interessato a rubriche didattiche e il tempo necessario è sicuramente un motivo non indifferente; tuttavia ho all’attivo numerosi stage dove rispondo alle domande che mi vengono fatte e parlo di argomenti molto importanti, come ad esempio il ritmo. Spesso l’atteggiamento di alcuni partecipanti agli stage è quello di aspettarsi la formula magica per diventare dei musicisti compiuti… Ciò non è verosimile! Gli stimoli e i consigli sono importanti, ma poi bisogna lavorare sodo su se stessi e quello che si vorrebbe ottenere considerando l’effettiva capacità ed il proprio talento.


Hai suonato nel corso degli anni con l’intero gotha canterino italico. Con quale artista ti senti più stimolato e perché?

Non mi sento di citare un nome in particolare. Spesso sono stati la musica e gli arrangiamenti a stimolarmi più che i cantanti in questione!

Due domandine relative a voci tuttora ricorrenti nonostante il tempo trascorso… La prima: ci sono ancora appassionati che si domandano perché tu abbia lasciato Vasco Rossi. Vogliamo chiarire una volta per tutte? Seconda: pare che tu abbia rifiutato anni orsono di esibirti a Roma prima di Adrian Legg e Joe Satriani… Corrisponde a verità?

Quando un rapporto di lavoro si interrompe le motivazioni possono essere molte e personali. Visto che sono passati tanti anni, la ritengo un’esperienza conclusa. Molte volte ho spiegato con molta umiltà le varie motivazioni del distacco da certe tournée e dal pop, ma spesso l’idolatria verso certi personaggi rasenta la noia e la totale mancanza di obbiettività, perciò diventa impossibile dare una spiegazione seria ed essere ascoltati. Ritengo che mentre il jazz, il rock, il blues, il funk hanno una linfa continua di rinnovamento grazie all’improvvisazione, nel pop è tutto liscio e premeditato dalla prima all’ultima nota, quindi potrebbe diventare noioso per chi suona o almeno per me! Poi, dopo aver dato tanto, uno si aspetta un qualcosa in più, almeno provare a proporre dei brani, qualche compartecipazione agli arrangiamenti ed invece… Niente, la cosa è in mano a due o tre persone e rimane quasi sempre così. Non uno dei molti cantanti con cui ho suonato e dato un bel po’ di me si è mai degnato di farmi una telefonata, mandarmi una mail, cosa che ho provato a fare, un paio di volte, senza alcuna risposta! Spesso chi segue le canzoni dei cantanti con cui ho suonato dimentica che io sono un musicista e quindi vengo dalla musica e dai musicisti che mi hanno ispirato! Restano le emozioni e la qualità del lavoro fatto insieme e alla fine questo conta. Riguardo all’esibizione prima di Legg e Satriani, smentisco nel modo più assoluto una tale diceria; mi farebbe solo piacere aderire a una tale richiesta!

Torniamo a cose serie. Stralciando da riflessioni da interno copertina (Sensazioni nel tempo), sostieni che per essere artisti, oltre al talento e alla disciplina, bisogna esplorare i lati più oscuri e dolorosi della propria esistenza… In che modo questo si riflette nella tua musica?

È molto semplice: quello che vivi, le tue gioie, le tue rabbie, le tue aspirazioni raggiunte e mancate sono il combustibile necessario per far scattare la creatività, che nel mio caso trasformo in musica!

Tornando a talento e disciplina, se il primo viene dal cielo o dalle sue immediate vicinanze, la seconda bisogna darsela… Come musicista che tipo di disciplina t’imponi?

Cerco di suonare tutti i giorni, sia la chitarra che il basso, cercando di vivere questa pratica come se suonassi dal vivo in modo emozionale; poi visto che c’è sempre da scoprire e imparare qualcosa, nel mio studio quotidiano provo a suonare brani che non conosco... Ultimamente ascolto molto i primi dischi di Ornette Coleman, Samuel Barber, Béla Bartók, Björk, ma anche cose molto più “leggere” come Peter Frampton o AC/DC.

Per registrare Braidus in Funk, Andrea ha usato chitarre elettriche P.R.S. Custom 22 e McCarty Hollow Body II, acustiche Norman e classiche Ramirez, basso Frudua; gli ampli sono Marshall JVM 100 e Vintage/Modern 50.

Guglielmo Malusardi

 

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