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Washburn
Nuno Bettencourt N2

Washburn_N2

Axe n.132

La Washburn N2 può essere considerata l’alternativa economica più famosa che ci sia alla N4, tanti sono stati i chitarristi che le hanno affidato riff e sonorità funk-metal dopo l’esplosione di Nuno Bettencourt con gli Extreme. Il colpo d’occhio evidenzia una linea apparentemente meno slanciata della N61 (vedi prova), in realtà dovuta in parte all’assenza dello Stephen’s Extended Cutaway e del battipenna, in parte al colore natural satinato del corpo. Caratteristica l’identità estetica da strato assemblata e modificata. A dirla tutta, questa N costruita in Cina è anche molto simpatica da vedere; negli anni l’abbiamo accettata per quello che è, ovvero un onesto strumento musicale, spartano in tutto se non per il disegno della paletta rovesciata, che ha del miracoloso.

TUTTO MASSELLO
Addentrandoci nella descrizione, la prima cosa di cui gioire è che i legni della cassa sono masselli; abbiamo un corpo in tre pezzi di ontano, un manico in acero con scarf-neck joint e tastiera in palissandro. La qualità di questi legni è in linea con il costo dello strumento, ma una menzione particolare va alla tastiera, che, nel nostro strumento, presenta venature più compatte rispetto ad altre chitarre della stessa fascia di prezzo. I segnatasti dot sono posizionati in alto.
La finitura dello strumento in prova è interamente satinata; il suo peso è contenuto in kg 3,510. Sono presenti alcune piccole approssimazioni costruttive, come l’allineamento delle quattro viti che, senza piastra ma con boccole, uniscono il manico alla cassa, l’inserzione del manico stesso con un pelo di “abbondanza” sul lato inferiore del tacco, l’accesso alla regolazione del truss-rod parzialmente coperto dalla mascherina del pickup al manico, il taglio non pulitissimo delle varie escavazioni. Nulla tuttavia che possa seriamente inficiare la funzionalità di quest’ascia e sempre da inserire nell’ottica di un costo contenuto.
Le meccaniche sono sigillate e di buona qualità. Il ponte è costruito su licenza Floyd Rose ed è accompagnato, come si conviene in questi casi, dal bloccacorde al capotasto, montato senza viti passanti. Tutto l’harware è cromato.
I pickup sono un Bill Lawrence U.S.A. L500 al ponte (11,40 kOhm di resistenza degli avvolgimenti per lo strumento in prova) e un Washburn 621 al manico (9,70 kOhm, non poco per questa posizione ma equilibrato con l’altro pickup), entrambi humbucking, controllati da un selettore a tre posizioni, posto sulla spalla inferiore, e un unico controllo di volume push-pull che permette anche di splittare entrambi i pickup.


ATTACCO DAL BASSO
Suonandola da spenta, con accompagnamenti ad accordi, arpeggi e linee solistiche, la prima caratteristica che notiamo è la difficoltà che hanno le note più basse a farsi largo nel mare delle vibrazioni. Il suono è supportato a sufficienza da un buon sustain. Qualche buzz compare sulla tastiera in due o tre punti. L’attacco non è particolarmente pronto e cambiare il punto in cui agiamo con il plettro non dona variazioni drastiche al timbro. Sembra che siano i bassi a mancare e non gli alti a eccedere. Tutto questo è però comprensibile vista la fascia di prezzo di cui fa parte questa Washburn, per cui non ci facciamo prendere dal panico e continuiamo a suonare.
Il manico ha sezione a C consistente, con tastiera tendente al piatto che ospita 22 tasti medium-jumbo montati e lucidati in maniera sufficiente; non si scivola sull’olio, ma neanche si rischia di farsi male. La mano sinistra, in queste condizioni, si posiziona automaticamente con il pollice alto a fare bending e accompagnamenti funk. La risposta non è male. Ci siamo divertiti a sufficienza per passare all’amplificatore...
Il suono pulito del pickup al manico evidenzia - viste le premesse acustiche, con una certa sorpresa - una quantità di bassi “esagerata”, che tendono a far scomparire i cantini soprattutto nell’esecuzione di accordi e arpeggi, ma possono tornare utili nelle linee melodiche per suonare note molto rotonde e inaspettatamente definite. Non è escluso che, procedendo a una regolazione accurata dell’altezza del 621 e dei suoi poli, la situazione non migliori, ma già così si hanno buone soddisfazioni.
Il Bill Lawrence U.S.A. rende subito chiara la sua classe, con una rappresentazione delle frequenze più completa e un’escursione dinamica maggiore. Selezionando la posizione centrale del selettore otteniamo un suono bilanciato e abbastanza interessante per le ritmiche pulite. Lo split funziona su tutti e due i pickup, fornendo un suono abbastanza tipico per gli humbucker, diverso da quello di un vero single coil, più secco e metallico, con l’attacco più veloce. L’L500, in particolare, è una vera “lama per le orecchie”, il che potrebbe anche tornare utile in casi di estremo affollamento del mix. Gradevole e scoppiettante la posizione centrale.
Andiamo al crunch e stranamente la situazione comincia a cambiare rispetto al suono pulito. In particolare con il pickup al manico, i bassi, pur restando invadenti, non sovrastano più i cantini, che prendono aria e iniziano timidamente a cantare. Un gradino in su, l’L500 si riconferma un buon pickup per tutte le occasioni. Gradevole la posizione centrale,dove anche le linee solistiche vengono con naturalezza. Lo split continua a torturare il nostro povero apparato uditivo, ma con più carattere e maggior colore, diventando effettivamente più utilizzabile in tutte e tre le posizioni del selettore.
Andando di corsa al canale distorto, come è giusto che sia visto l’endorser, siamo finalmente in grado di affermare che la N2 suona benone, anzi benissimo rispetto a quello che costa. Belli i bassi, che con il pickup al manico sono ora più nitidi, e i medi, che, seppure un pochino indietro agli alti, riescono a rendere il suono rotondo e canterino quanto basta a non farci passare la voglia di suonare. Il buon sustain, che non ci aveva mai lasciati, qui torna molto utile per tenere a lungo in vibrazione un bending, mentre l’attacco del plettro riesce a essere effettivamente utile quando andiamo a eseguire plettrate veloci, tanto sulle corde basse che sui cantini.
Con lo split ci siamo divertiti: la Washburn ha fatto bene a includerlo. Infatti, con i pickup splittati, la chitarra ha un suono, soprattutto nella posizione centrale, talmente scavato sulle medie che resta impossibile resistere alla tentazione di partire con un groove infinito e calzante, utile a far muovere la testa e il corpo tutto.

PONTE AEREO
All’inserimento della leva, ci siamo rapportati a questo ponte licensed temendo il risultato negativo a cui purtroppo siamo abituati da molte imitazioni capitateci tra le mani. Invece, il risultato è sicura-mente al di sopra delle aspettative, visto che la chitarra è rimasta accordata anche dopo sollecitazioni tutt’altro che delicate; solo quando abbiamo proprio esagerato (gli “aerei” magari la N2 li suona, ma pretendere di eseguirli a certe velocità…) ci siamo ritrovati con il mi cantino calante di mezzo tono. È bene precisare che questo comportamento è normale per le produzioni di questa classe; nel caso della nostra N2, il ponte vibrato resta comunque un buon attrezzo per imparare a usarlo e, soprattutto, per imparare a stare calmi di fronte a una chitarra che... si può scordare. Per essere uno strumento “economico”, la Washburn N2 sfoggia un rapporto qualità/prezzo notevole, una qualità costruttiva superiore alle attese e un carattere sonoro quasi prorompente, che spesso è proprio ciò che manca alle chitarre di questa fascia.
Alessandro Riccardi, Fabrizio Dadò 

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