Cover di A New Day Yesterday Live , Joe Bonamassa

Joe Bonamassa

A New Day Yesterday Live

Provogue/Edel 2005

Tratto da Axe 102, Settembre 2005
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Joe Bonamassa è un chitarrista-cantante americano dell'ultima generazione rock blues. Ha debuttato nel 2000 con A New Day Yesterday, con ospiti del calibro di Rick Derringer e Leslie West. Sono seguiti So, It's Like That (2002), Blues Deluxe (2003) e Had To Cry Today (2004, v. Axe n.94). Il nuovo live A New Day Yesterday Live (Provogue/Edel) che si rifa al CD di debutto. Il disco contiene 11 tracce di rock blues sanguigno, eseguito da Joe in compagnia del suo power trio come nella migliore tradizione di scuola britannica.

Fin dalle prime note l'artista rivela una buona padronanza del linguaggio e sfoggia un gran suono, miscelando a dovere Johnny Winter e Stevie Ray Vaughaun con una massiccia dose di grandi musicisti inglesi, dall'Eric Clapton di John Mayall e Cream fino a Jeff Beck; infatti all'interno dello stesso show convivono brani dei suddetti più quelli di Jethro Tull, Free e dell'irlandese Rory Gallagher. Anche se, ovviamente, riviste e riproposte con un sound diverso, le influenze più ricorrenti sembrano essere proprio il primo Clapton e un certo rock blues inglese. Ma andiamo ad ascoltare il CD che, dopo una breve jam introduttiva, ci porta alla rivisitazione di Cradle Rock di Gallagher, energica (anche se non ai livelli di quella del live di Rory Irish Tour, 1974) e ricca di groove; Joe se la cava egregiamente anche come vocalist; la chitarra sfodera il riff su un bel ritmo scandito da basso e batteria che supportano anche interventi di chitarra slide: degno tributo all'irlandese! Steppin Out/Rice Pudding è un evidente tributo a Clapton [Steppin' Out, uno dei pezzi preferiti da Clapton, inciso su Bluesbreakers - John Mayall With Eric Clapton, 1966, e poi anche con i Cream in Live Cream II, 1972. Ndr] e Beck [Rice Pudding su Beck-Ola, 1969] e il chitarrista se la cava bene, nonostante la versione live di Eric rimanga uno dei momenti più alti del British blues. Joe suona una sfilza di frasi, una dietro l'altra, dimostrando che ha studiato, ma a volte il tutto sembra poco spontaneo paragonato ai maestri sopra citati, specie nelle piccole inflessioni del tocco (e qui Beck è irraggiungibile!).

A New Day Yesterday è uno slow blues bello e differente dalla versione del '69 dei Jethro Tull di Stand Up. Joe, armato di Strato (dopo l'inizio dello show a base Gibson), si cimenta in un bel solo iniziale in cui possiamo trovare riferimenti anche a Steve Ray. Ascoltando bene, da questo brano, oltre alla matrice rock, trapela qua e là un sapore pop gradevole e radiofonico, certo distante anni luce dall'andersoniana versione originale.

Le composizioni sembrano avere due dimensioni: quella rock blues, che riguarda le parti strumentali, e quella rock venata di pop nelle parti cantate, forse anche per la mancanza di personalità e spessore di Joe nelle vesti di vocalist. È quanto viene confermato da Miss You, Hate You (brano originale di Joe), pop song dal forte sound americano, sicuramente molto radiofonica ma che non entusiasma: un po' troppo prevedibile e scontata.

Con Walk In My Shadows dei Free (su Tons Of Sobs, 1968) si torna al vero amore di Joe, il rock blues, e l'iniziale solo di questo shuffle è un vero e proprio insieme di frasi classiche ed efficaci. Joe si esprime sempre con una certa eleganza nel fraseggio, con lick molto forti e appropriati, anche se talvolta rimane l'impressione che il tutto sia quasi preparato, o meglio, percorso e ripercorso. Comunque questo giovane chitarrista sa il fatto suo e se la cava egregiamente e con una buona energia. L'arrangiamento shuffle è molto diverso dall'originale, quindi è apprezzabile il lavoro di Joe nel fare suo il pezzo, e in fondo il risultato è buono anche se la versione originale, specie per il cantato, rimane intoccabile. Un tributo a una grande band e un grande chitarrista quasi dimenticato: Paul Kossoff. La successiva I Know Where I Belong (composizione di Bonamassa), parte con un sound alla SRV nel riff e nella strofa, per poi aprirsi a passaggi e melodie più vicine al pop e arrivare a un efficace riff rock che fa da apripista a un bel solo. Forse è proprio questo mix, abbastanza ricorrente, di riff rock blues, melodie vocali che strizzano l'occhio al rock radiofonico, e ritorno al rock blues per le parti strumentali (solo), a non convincere a pieno: mi sembra rappresenti il cambiamento in atto nell'ultima generazione di bluesman americani, contaminata dal sound del rock pop più commerciale.

Si va avanti con Colour & Shape, che si discosta momentaneamente da progressioni blues. Con Trouble Waiting Joe ci riconduce, con una buona interpretazione, in territori classici, quindi si lancia nel successivo slow minor blues If Heartaches Were Nickels, in cui esprime bene la sua vena melodica. A chiudere, troviamo un'altra cover, Don't Burn Down That Bridge di A.Jones/C.Wells, sempre caratterizzato da riff rock, che si muove poi su progressioni blues.

Un buon disco che ripropone con grande energia e bei suoni tematiche classiche rock blues miscelate a un tocco di pop. Non per i puristi del blues, ma... da ascoltare.

Fabio Cerrone


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