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BOURGEOIS STANDARD D


info www.440hz.it
Axe n. 149

 

Dana Bourgeois è un liutaio americano che ha legato il suo nome ad alcuni famosi chitarristi, come Ricky Skaggs, Ry Cooder, Bryan Sutton, Vince Gill. È autore di libri e articoli di liuteria, a suo tempo assistente e collaboratore con Martin e Gibson. Ha mosso i primi passi negli anni ’70, sfruttando l’officina del nonno e i consigli paterni sulla lavorazione del legno. Dal ’78 inizia a lavorare a tempo pieno come liutaio; contemporaneamente dirige un folk club, dove si esibisce il fingerstyler Eric Schoenberg. Trasferitosi presso il negozio di cui il chitarrista è co-proprietario nel Massachusetts, con lui Dana fonderà nell’86 la Schoenberg Guitars, lasciata inseguito per dedicarsi al suo laboratorio e alla scrittura di testi professionali. Nel ’93 apre la Dana Bourgeois Guitars, destinata a chiudere per problemi di distribuzione nel 2000. Nel 2001 gli si offre la possibilità di legare il suo nome a una piccola produzione “di serie” nella Pantheon Guitars, che oggi fabbrica a Lewiston (Maine) chitarre acustiche con il suo marchio. Il modello Standard D è una dreadnoughtcon tavola in abete Sitka (il modello Vintage D - il test è su Axe n.156 - invece la offre in Adirondack, molto apprezzato da Bourgeois per le sue qualità timbriche), cassa in buon palissandroindiano e manico in un pezzo di mogano; ponte e tastiera sono in ebano.


Quanto ai legni, va detto che la qualità generale appare elevata, in particolare per la luminosa tavola in due pezzi a libro dalla fibra regolare e compatta. L’ebano della tastiera non appare compattissimo, ma è comunque di selezione adeguata alla classe della Standard D. La paletta ha una caratteristica sagoma stretta e sul retro porta la classica voluta diamond, spostata poco più in alto rispetto al solito. Gli abbellimenti sono sobri quanto classici ed eleganti: filetto herringboneintorno alla tavola con binding crema in ivoroid, segnatasti squares and diamonds in madreperla, stesso materiale usato per la firma del liutaio sulla paletta. Bello il battipenna tartarugato in celluloide. L’ossicino in… osso (come il capotasto) è modellato a compensare la corda si. Splendide al solito le meccaniche a ingranaggio scoperto Waverly, con palette butterbean nichelate a specchio. La lucida finitura poliuretanica su fondo ai poliesteri della cassa è ben applicata e ha spessore non di poco conto ma ragionevole; per il manico si è adottata invece una finitura satinata alla nitrocellulosa, con l’eccezione del fronte della paletta. Il manico ha 14 tasti fuori cassa sui 20 totali, ben posati e rifiniti anche se c’è lieve margine per un ulteriore miglioramento. La sezione del manico è corposa e tondeggiante, a V appena accennata sotto i primi tasti per poi tendere a una C; sembrano proporzioni ragionate e mediate, ma all’inizio l’abbiamo trovato un po’ ostico, complice la regolazione per un’action alta con cui ci è pervenuto lo strumento e la muta di corde .013-.056 (D’Addario EXP) giustamente montata di serie.


In realtà, non è né un “mattarello” a V né un approdo facile per il chitarrista elettrico pentito: alla fine si riesce a farci l’abitudine e se ne apprezza la versatilità per diversi stili esecutivi. Il punto di regolazione del truss rod (serve una chiave a brugola da 5 mm.) si trova a fine tastiera, accessibile dalla buca con tutta la scomodità, ma anche l’efficacia d’azione in quella zona, dei tendimanico siffatti. La scala dello strumento è di 25 1/2”. Al capotasto misuriamo una larghezza di 44 mm., al 12° tasto di 56 mm. abbondanti. Il peso è di encomiabili 2,090 chili. Dando un’occhiata all’interno della cassa, annotiamo una caratteristica costruttiva importante: le Dana Bourgeois hanno manico avvitato tramite due bulloni; la giunta è perfettamente realizzata, senza tolleranze evidenti all’esterno. Altre quattro viti si trovano sotto la parte finale della tastiera. Si nota una grandissima pulizia costruttiva. Le catene sul fondo sono alte e molto sottili, le controfasce sono unite da numerose traverse scalloped in abete; figurarsi se non sono intagliatissime anche le catene in abete (Adirondack) dal disegno a X modificato al fine di ottenere un maggior spessore sulle note alte, cercando di trasferire su una dreadnought, notoriamente ben dotata in basso, parte della qualità timbrica di una più piccola Orchestra Model. Anticipiamo che il risultato c’è, poiché questa Standard D si presta bene anche al fingerstyle. Parlando di suono, la nostra Standard D ha subito mostrato una caratteristica delle grandi acustiche del passato: il suono è cresciuto progressivamente nei mesi che ha passato tra le nostre amorevoli mani.


Oggi si tende a realizzare chitarre un po’ “ruffiane”, che diano immediata soddisfazione già nei primi 5 minuti di prova in negozio, ma la Bourgeois in prova, sulle prime un po’ spenta, quasi anonima, ora ci delizia di una voce inconfondibilmente dreadnought, profonda e grossa, con bassi sostanziosi e acuti cristallini, ma più spessi e morbidi del solito, anche spostandosi verso le medie, non così arretrate come ci si aspetta su questo formato. Per corposità della gamma medio-alta non siamo a livello di una dreadnought a 12 tasti fuori corpo (che però è anche parecchio più scura), perché il carattere della Standard D è più deciso e nitido, diremmo “appalachiano”, anche se meno asciutto di quello, ad esempio, di una Martin D28 attuale (che occupa grosso modo la stessa fascia di prezzo). Di certo questa chitarra apre possibilità espressive concrete anche al tocco del fingerstyler. Come detto, più la si suona e più la Bourgeois ci segue e si apre, con una timbrica piena in basso, ma anche molto equilibrata, a fronte di un’emissione e un volume che… stendono! In strumming, possiamo plettrare fino a sentir male alle orecchie senza che lo strumento vacilli dinamicamente. La voce, come detto, è caratteristica dreadnought, ma con variazione sul tema medio-alte; mancando un po’ di quel carattere scooped associato al formato, non è detto che vada bene a tutti, ma sicuramente piacerà molto al solista flatstyle e anche fingerstyle.


Considerata la fascia di prezzo, la gamma di nuances dinamico-timbriche a disposizione è notevole, anche se non così sofisticata e lievemente metallica; ma sono sottigliezze su cui il tempo potrebbe dire la sua e che le corde coated di prima fornitura non sottolineano di certo. Gli intenti costruttivi di Bourgeois sembrano raggiunti nella chitarra in prova: elementi “tradizionali” come la selezione dei legni per qualità timbrica più che estetica e l’accordatura manuale di tavola, fondo e catene sono evidenti e portano al di là della fascia di prezzo di questa chitarra, in cui troviamo ottimi strumenti ma più industrializzati e standardizzati. Sul fronte delle concessioni al “moderno” – se si può ancora considerare tale – si è ricorso più che altro all’adozione di un manico avvitato. Da metà anni ’70 a oggi ho posseduto e suonato diverse ottime chitarre Gibson, Guild, Martin e Taylor; sulla scorta di questa pur modesta esperienza di strimpellatore e dall’analisi delle sue caratteristiche costruttive, non ho dubbi nell’affermare che la Bourgeois Standard D ha davanti un futuro timbrico di cui ora si avverte solo la timida avanguardia.

Fabrizio Dadò

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